Reportage

#10 TAPPAUNICA3V, CINQUE ANNI DI EMOZIONI

testo e foto di Emanuele Cinelli  / Prevalle (BS)

14/11/2020
Il Bando del BC20

TappaUnica3V, cinque anni di emozioni

di Emanuele Cinelli

Buia distesa nella quale piccoli luminosi brillantini qua e là catturano l’occhio, contorni irregolari come spalmati da un tremolante pennello, fasce d’un nero profondo puntellate di macchie leggermente più chiare, un solco profondo accenna la sua presenza, sull’altro lato mille lanterne spezzano l’oscurità e si riflettono nella liquida distesa da loro resa percepibile, nel centro il grigio duro cementifero provvisorio giaciglio ostilmente ospita il mio corpo in questa pausa al lungo cammino.

Tutt’intorno solo un profondissimo silenzio a tratti interrotto dal frenetico raspare dell’arvicola che, con i suoi occhi curiosi e il simpatico musetto, mi ha accolto all’arrivo su questa ennesima vetta. Cento i chilometri lasciati alle spalle, trenta quelli ancora da fare, gambe ancora prestanti, assenza di dolori, la certezza dell’arrivo inizia a farsi strada nella mia mente e il pensiero liberamente vaga tornando al passato, riepilogando questo straordinario viaggio, rivangando gioie e dolori, soffermandosi sulle tante cose disegnate dal tempo, dipinte dall’azione, fissate dalla penna virtuale del computer, bloccate ad eterna memoria nelle pagine dei miei blog.

27 ottobre 2015: un solitario cammino nell’alpe
Nel 2016 saranno trentacinque anni dall’inaugurazione del Sentiero 3V e dalla morte di mio padre avvenuta proprio in tale occasione. L’idea balza e rimbalza nella mia mente, nasce TappaUnica3V.

31 ottobre 2015: nudo
Normalità, questo il messaggio al quale lavoro e anche in questa occasione tutto deve girare attorno a tale semplice e grande parola, sarò nella naturale normalità del nudo.

10 gennaio 2016: io e la notte
La paura e il condizionamento della notte non li ho mai rimossi, non ho mai avuto occasione di farlo e allora eccomi qui ad affrontarli.

12 marzo 2016: un viaggio nel tempo
Voci di spensierati ragazzi si aggirano nel bosco, l’azzurro grigiastro delle camicie di tela, il blu variegato e stinto dei jeans, al collo fazzolettoni marroni con righe gialle chiusi sul davanti da un anello di cuoio intrecciato. Corse e rincorse, riunioni cantanti, il cerchio del pranzo, ancora corse, ancora giochi, ancora voci e risa. Il colore delle mille note che salgono al cielo, il sapore della gioia che inonda il bosco, la sensazione d’una socialità semplice eppur perfetta. Un salto nel tempo, una grande casa nascosta nel fitto d’uno scuro bosco, una ripida grigia acciottolata salita, un pesante nero cancello di ferro, decine di persone sedute ai tavoli del licenzino, parole, parole, ancora parole. Un ragazzino s’aggira tra i tavoli, in mano la piccola chiara bottiglietta della preziosa gazzosa, piccoli sorsi per apprezzarne il più a lungo possibile il dolce sapore. Una piccola pozza, un grande portone di legno, un portico di colorate lastre di porfido, grosse squadrate colonne sostengono un tetto di legno, sulla sinistra un largo e verde terrazzo erboso al cui margine un basso muretto funge da parapetto, sulla destra una serie di piccole porte danno su scure stanze fumose, un caminetto, un tavolo, alcune signore che preparano panini, una cambusa ricolma di bibite di vario genere, fiaschi di vino, brocche dell’acqua raccolta dal pozzo. Il cammino di oggi mi ha portato in luoghi che conosco fin dalla mia più tenera età e la mia mente veleggia tra i mille ricordi.

25 marzo 2016: è primavera
Slalomando tra gli alti bianchi macigni esco dal piazzale e m’incammino tra le mille sottili increspature del nero asfalto, attorno a me dall’alto m’osservano le gialle corolle delle simpatiche primule che, discretamente, s’informano sulle mie intenzioni. Piegando leggermente il capo mi mostrano visi sorridenti, mentre con vocina sottile e stridula formulano graditi consigli: “modula il passo, la strada che vuoi fare è lunga assai” mi dice la prima più accosta a me, gli fa eco la compagna appresso “mantieniti idratato e stai attento al fiato”, in coro le altre aggiungono “è una bella giornata, fa freddo ma il sole presto riscalderà l’aria, divertiti”. Ringrazio le primule e, senza sosta, imbocco la ripida salita, verdi fili d’erba si piegano a proteggermi dal vento, secche bruciate foglie si discostano per rendermi più leggero l’incedere. Lassù in alto, quasi a toccare il cielo, maestosi alberi fanno fremere le loro fronde per salutarmi e incitarmi. Il pendio si fa ancor più ripido, pervengo ad un giardino dorato dove numerose primule abbandonano il loro lavoro per osservarmi, incuneandomi sotto l’ombrello delle loro foglie ne percepisco l’abbraccio formale. Macchie bianche appaiono poco innanzi, violette esultanti stanno festeggiando il loro risveglio dopo il lungo letargo invernale, per un breve attimo mi unisco a loro e insieme brindiamo alzando i calici ricolmi di rugiada.

15 luglio 2016: -5 e la legge di Murphy si mette al lavoro
Con quello che sta avvenendo sulla scena mondiale è difficile scrivere di questo mio minimale evento, lo faccio con una buona parte delle mente e del cuore rivolti ai tanti morti e feriti causati dall’ignoranza, dall’ingordigia, dall’intolleranza, dall’incapacità di accettare gli altri e le loro scelte. Atteggiamenti sociali che lo sport, quello vero, quello praticato, e la scelta nudista, la mia scelta di vita, contrastano, scardinano e, alla fine, rimuovono, dandomi così lo spirito necessario a parlare del mio per questo non più irrilevante evento.

5 agosto 2016: sensazioni ed emozioni
Nero, solo nero, tutto nero, anzi no, nel nero qualche macchia di bianco, tenui bagliori eppur sufficienti per un deciso cammino. In basso le luci della città sono solo dei piccoli puntini di vari colori, i rumori ormai dalla distanza resi silenzio, al di sopra il monte che, bluastro di luna, si alza verso il cielo sereno. Gli ultimi metri d’asfalto e poi sono fronde, tante fronde, una fitta copertura di alberi, un bosco tenebroso eppur confidente, un amico sincero con cui colloquiare attenuando la fatica della dura salita. Giù, su, giù, su e ancora giù, ora giù, giù, fino al paese. Caldo opprimente, caldo ottenebrante, ombra, ombra, mi serve l’ombra. Il sentiero si fa scabroso e le ginocchia si fanno sentire, primi piccoli dolori, troppo presto, mannaggia, troppo presto. Dolore si aggiunge a dolore, devo fermarmi, devo qui interrompere. Peccato!

13 agosto 2016: un conto rimasto in sospeso

1 novembre 2016: si riprende e… non ci credo nemmeno io

16 gennaio 2017: sforzi ed emozioni

29 gennaio 2017: non sempre si può vincere
Come ricordava il ritornello di una vecchia canzone, non sempre si può vincere e stavolta ho sofferto, tanto e male, ho sofferto e sbagliato. “Non sempre si può vincere”, comunque sempre s’impara e sempre si cresce, sempre!

12 luglio 2017: sconfitto ma vittorioso
È andata male, quest’anno mi sono fermato molto presto, al chilometro quarantacinque dopo aver camminato nel dolore per ben trentatré chilometri.

20 luglio 2017: ci si riprova

31 agosto 2017: se ne riparla a giugno 2018

2 luglio 2018: bene ma non abbastanza, nuovo insuccesso

11 luglio 2018: riproviamoci

19 giugno 2019: il viaggio continua

25 luglio 2019: sembrava fatta e invece…
Non credo nella sfortuna e tanto meno nelle maledizioni, però qualcosa che m’impedisce di portare a termine questo mio viaggio esiste ed è un qualcosa che si è insediato nella mia mente, una mente che ora rifiuta la sofferenza.

7 luglio 2020: l’epilogo
Ritardo, dolore, visione del percorso, scattano i pensieri negativi: “ma che ci faccio qui? chi me lo fa fare? non ho più voglia di soffrire, voglio divertirmi; faticare va bene, ma così no, così non mi ci trovo più, così non mi piace. Chi se ne frega di quello che diranno gli altri, sono qui per me e se il mio io dice che non gli piace, il me deve decidere di fermarsi!

Che bella questa storia, che emozioni in questi quattro anni, cammini e corse su e giù per monti e valli, chilometri sommati a chilometri, metri su metri, ore, tante ore, giorni e notti, ecco, notti, soprattutto le notti mi hanno regalato cose nuove. Ed ora rieccomi qua e sto per dare degna conclusione al tutto.
Ripartenza, nella notte discendo veloce e sicuro la sconquassata e ripida traccia, arriva il bosco e con esso la preoccupazione per i cinghiali, ma non c’è tempo per pensarci, avanti. Uno ad uno sfilano i vari riferimenti ed eccomi all’ultima vera salita, due grossi cinghiali scappano nel rado bosco facendomi sobbalzare.
Anche la seconda notte è stata dissolta dalla luce del giorno, posso ammirare, sull’opposto lato della valle, i crinali dove sono passato l’altro ieri, scorrerli con gli occhi inseguendo la mente che rivive quei momenti: la preoccupazione delle prime tre dure salite, gli indesiderati indurimenti muscolari, il timore di un nuovo cedimento e poi il graduale formarsi d’uno stato di benessere, la sparizione d’ogni pensiero sul cammino da farsi, l’immensa gradevolissima forza di vivere il viaggio momento per momento, metro per metro, minuto per minuto.

Lontano all’orizzonte rivedo il vertice della mia parabola, le cime e i valichi che delimitano a nord la valle attorno alla quale ho camminato. Più vicino, sul lato della pianura, rivedo il punto d’inizio del lungo viaggio e, alla sua destra, intuisco quello d’arrivo, dal quale una lunga eppur corta successione di dolci e rotondi rilievi si congiunge al punto in cui mi trovo.
Cascine, capanni e due case che sembrano castelli: è fatta, ormai non ci sono più dubbi.
Pozza Paradiso, picchiata nel bosco, breve ripida risalita, Monte Selva, ultima fermata per dare tempo a mia moglie di venirmi incontro. Seduto sulla panca la mente si rilassa, gli occhi si chiudono, per due volte rischio di crollare a terra, meglio rimettersi in cammino. Lentamente barcollando procedo, ecco mia moglie, parlando con lei il corpo si risveglia, gli ultimi chilometri volano via e… arrivatoooo!

Ho finalmente chiuso TappaUnica3V, in solitaria autonomia ho percorso per intero il sentiero 3V, in quarantanove ore totali, trentotto di cammino e undici di fermate, ho camminato i suoi centotrenta chilometri e superato i suoi oltre novemila metri di dislivello, eppure tutto sembra scontato, come se avessi fatto una comune escursione, boh! Beh, in effetti fisicamente mi sento proprio come dopo una escursione di pochi chilometri, non ho dolori, non mi sento stanco, anche la sonnolenza è svanita, è andata proprio alla grande e i giorni a seguire confermeranno, di più… sono pronto a ripartire, è rimasto qualche conticino da saldare.

A qualche mese di distanza, ripensando al mio lungo viaggio e ai suoi vari contorni mi trovo a fare delle considerazioni e tra queste una in particolare diviene insistente.
In tante diverse occasioni, in relazione a diverse questioni, per lo sport come per la vita personale, nel lavoro come nel tempo libero, per cose serie e per cose frivole spesso mi è stato chiesto perché. Si tratterà forse di un residuo di quell’età non ben definibile in cui si passa dall’infanzia alla fanciullezza, quando, raggiunta una certa proprietà di linguaggio e con il cervello ancora in gran parte dedicato all’apprendere, ci chiediamo e chiediamo continuamente il perché di ogni cosa. Si tratterà di un’invadente curiosità, o del desiderio più o meno opprimente di creare appigli da opporre all’interlocutore, in altri specifici casi, come nella PNL umanistica, è tecnica precisa per indurre qualcuno a trovare risposta ai propri dubbi e alle proprie difficoltà. Di certo, qualunque ne sia la motivazione, sempre ci lasciamo trascinare nella ricerca di più o meno credibili risposte, di motivazioni invero costruite a posteriori: talvolta, se non spesso, non esistono veri perché, compiamo azioni e prendiamo decisioni istintivamente, sentendo, anzi sapendo, che sono giuste, che sono quello che in quel momento dobbiamo assolutamente fare e l’esperienza m’ha insegnato che sono le volte migliori, quelle in grado di regalarci le più intense sensazioni e, come in questo caso, lunghissime sensazioni.

TappaUnica3V, cinque anni di emozioni!

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foto:
1. Emanuele
2. Passaggio sul punto più alto del 3V, il Monte Colombine (ph. di Emanuele Cinelli)
3. Arrivo (ph. di Valeria Cinelli)

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Emanuele Cinelli

Emanuele Cinelli

Nato in città ma subito frequentatore assiduo della montagna. Escursionista, arrampicatore e sciatore, ora ci vado solo per camminare e correre, senza mai distogliere lo sguardo dalla natura, cercando costantemente l'inclusione. In questi ultimi cinque anni mi sono assiduamente dedicato al lungo cammino in tappa unica, agonisticamente definito trail.


Il mio blog | Invero sono tre: Pearl, Mondo Nudo e Sentiero 3V "Silvano Cinelli". Quest'ultimo è quello dedicato alla montagna, anzi ad uno specifico percorso collocato nel bresciano e che percorre tutto il crinale spartiacque che separa la Val Trompia dalla Val Sabbia e dalla Val Camonica.
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