Racconto

#43 • Dei ghiacci e dei prati della Marmolada

testo e foto di Astroz Crag (E.D.)  / Rovereto (TN)

Lacrima della Regina
31/12/2019
4,50 min
informazioni
Molto tempo fa la Marmolada era conosciuta come la dimora della Regina delle nevi.

Essa aveva scelto questi luoghi perché ricoperti dai ghiacci perenni e da manti di soffice neve. La montagna si ergeva imponente fra le vette dolomitiche che la circondavano. Tutte la guardavano con ammirazione ed un poco di invidia. Quando sopraggiungeva la sera gli ultimi raggi di sole la illuminavano, donando al mantello della Regina un riflesso rosa-perlato. Allora tutti gli sguardi erano per lei; paesani e turisti rimanevano a bocca aperta e sognavano di conquistarne la cima.

La Regina delle nevi era un tempo vanitosa e capricciosa. Accoglieva con piacere quanti la osannassero ma non lasciava scampo a chi, irriconoscente nei confronti della sua bellezza, affrontasse l’ascesa senza il dovuto rispetto. Il suo cuore di ghiaccio aveva visto l’odio che si può sprigionare dalle viscere degli uomini. Aveva visto uomini scavare nel suo ventre nel tentativo di costruire ripari per proteggersi dal freddo e attaccare altre vite umane altrettanto misere e sofferenti. Ne aveva osservato i volti, scarni e impauriti e ne aveva custodito i corpi, oramai privi d’anima, cullandoli amorevolmente fra le sue braccia. Negli anni infatti la sofferenza dell’umanità aveva risvegliato nel suo gelido cuore la compassione ed aveva cominciato ad accoglierli svelando loro passaggi sicuri, assicurando un clima più mite, accogliendoli nel suo grembo. Si era accorta dell’euforia che sprigionavano nel raggiungere la cima. Quel sentimento puro la nutriva, riempendola di gioia e questo bastava per soddisfarla.

Aveva perfino concesso loro di piantarle lungo i fianchi dolorose spine di cemento che assicuravano a centinaia di persone di poterla ammirare ad ogni ora del giorno e della notte. Come una madre che si sacrifica per il bene dei figli, taceva senza lamentarsi. I paesi di montagna avevano giovato molto dei nuovi impianti e le famiglie non dovevano più soffrire nei rigidi inverni, i bambini crescevano sani e robusti. Studiavano, si spostavano in città. Alle volte ritornavano, altre preferivano la pianura, ma passavano sempre ad omaggiarla.

Gli anni trascorsero così in fretta e agli anni si susseguirono i decenni. La Regina invecchiava, le forze venivano meno e il suo corpo faceva sempre più fatica a sopportare il peso del turismo di massa. Decise quindi di chiedere aiuto agli uomini. Per far capire come stava, smise di generare copiose nevicate e gli inverni divennero più miti. Ma loro iniziarono a produrre neve artificiale e costruire cannoni sempre più efficienti. Decise allora di ritirare il suo mantello, una volta il vanto e l’orgoglio delle Dolomiti. Le ferite fino ad allora nascoste, iniziarono lentamente ad affiorare. La gente cominciò a preoccuparsi dei danni all’economia turistica, qualcuno di quelli all’ambiente ma nessuno comprese il suo dolore.

La Regina delle Dolomiti

Il lago di Santa Maria, ai piedi della Marmolada, crebbe a dismisura, raccogliendo le lacrime amare della Regina delle nevi che solo allora si era resa conto di quanto gli uomini l’avessero presa in giro. L’avevano adulata, riempendola di complimenti, facendola comparire nelle copertine patinate di mezzo mondo, l’avevano ingannata facendole credere che la notorietà l’avrebbe preservata in eterno. E peggio di ogni cosa, le avevano fatto credere di essere amata. In cambio di questo sentimento, lei aveva concesso loro ogni sorta di compromesso. Il suo cuore si raggelò in un istante e la rabbia prese il sopravvento. Si sarebbe sciolta in un attimo, tramutata in un’onda di vendetta che avrebbe spazzato ogni essere vivente a valle… non sarebbe rimasto nulla. Già il nulla.

Posò allora un’ultima volta il suo sguardo nel fondovalle. Vide un bambino che la osservava, pieno di gioia e ammirazione. Si reggeva a malapena in piedi, barcollava ma non staccava lo sguardo da lei. I suoi occhi, del colore del ghiaccio, la risvegliarono dall’odio cieco. Allora si ricordò del perché avesse concesso tanto agli uomini: per assaporare quel sentimento puro e incondizionato; quello che forse gli uomini chiamano felicità. La loro testardaggine e mancanza di rispetto andava punita ma lei non avrebbe cancellato tanti bei ricordi passati. Non era un essere umano dalla memoria corta ma una creatura della natura, di millenaria esperienza. Avrebbe fornito un’alternativa, una seconda possibilità.

Quella notte, con le ultime forze rimastele si librò in cielo e donando alla volta celeste il suo brillante manto, si tramutò in una stella lucentissima. In un attimo la Marmolada si trovò priva di ghiaccio, al suo posto comparvero i bei prati verdi che voi tutti oggigiorno ammirate. I soli fiori che sbocciano quassù, dal colore rosa-perlato compaiono una volta all’anno e quando gli ultimi raggi del sole li sfiorano rilucono, dando brillantezza ai profili della Montagna. Non si possono però cogliere perché velenosi al tatto. Si dicono quindi essere le lacrime della Regina che ha voluto lasciare un monito per l’umanità. È per questo che nessuno osa più toccare la Regina delle Dolomiti. Gli impianti sono stati smantellati, i rifugi sono stati ridimensionati, l’inquinamento è praticamente inesistente e tutti possono godere della montagna, rispettandola.

— * —

Mauro rilegge per l’ultima volta il racconto, invia l’email e chiude il PC.
Da bambino era sempre rimasto affascinato dai racconti del nonno paterno. Le leggende delle Dolomiti si svolgevano tutte in un teatro all’aperto, ormai introvabile. Non raccontavano solo storielle, ma racchiudevano l’identità culturale di un’epoca, ne spiegavano le caratteristiche e l’intrinseco legame con il paesaggio. Ma quando cambiano le relazioni, la storia e il paesaggio abbiamo bisogno di nuove letture contemporanee. Abbiamo infatti bisogno di ricordarci da dove veniamo ma anche di fermarci a riflettere, capire e ripartire. Costruire nuovi miti, nuovi sogni, alimentare nuove speranze. E così pensando si mise lo zaino in spalla, la macchina fotografica al collo e a passo deciso si incamminò per la mulattiera. Di lì a poco avrebbe assistito alla brillantezza che solo i fiori della Regina delle nevi sanno irradiare. Con loro sarebbe comparsa quella stella lucentissima che da piccolo aveva avuto l’impressione di aver visto tuffarsi nel cielo e che da allora non aveva più smesso di scorgere, come se lo accompagnasse, guidandolo e proteggendolo in ogni suo passo.

I suoi occhi, del colore del ghiaccio, la risvegliarono dall’odio cieco

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2019. Fai sapere all’autore cosa pensi della sua storia, scrivi qui sotto il tuo commento.

Astroz Crag (E.D.)

Astroz Crag (E.D.)

Potrei aver scritto la stessa presentazione di Mauro Procaccini, tanto mi ci rivedo nelle sue parole. Curiosità, vagabondaggi e condivisione sono per me essenziali. E sì, lo ammetto sono l’amica bevitrice che gli ha suggerito di partecipare.


Il mio blog | Tradizione e la storia di un territorio possono essere percepiti come una superficie sulla quale, nel corso degli anni, si imprimono tasselli importanti per l’identità di quel luogo. Il progetto crede che la rilettura in chiave contemporanea di questi indicatori culturali permetta di mantenere viva l’identità del territorio preservandone i caratteri che l’hanno resa unica. Imprint incentiva la riflessione e la promozione di ogni aspetto legato alla cultura di montagna che, per ragioni geografiche e biografiche di chi lo ha fondato, diviene l’oggetto d’analisi privilegiato. I mezzi attraverso cui agisce sono workshop, dibattiti, esposizioni ed ogni altro strumento di riflessione generato grazie alla collaborazione di chi condivide gli stessi principi.
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