Reportage

E vorrei che ancora fosse così

Ai piedi della Marmolada, il paesaggio di Rocca Pietore (di cui Sottoguga è tra i borghi più belli d’Italia) è irriconoscibile: fango, frane e distruzione ovunque.

testo e foto di Andrea Perini

04/11/2018
3 min

Una settimana di piogge battenti, frane e vento a quasi 200 km/h hanno messo in ginocchio la provincia di Belluno. Migliaia le persone senza acqua e corrente elettrica, numerosi i paesi isolati, foreste secolari di abeti abbattute.
Ai piedi della Marmolada, il paesaggio di Rocca Pietore (di cui Sottoguga eletta nel 2016 tra i borghi più belli d’Italia) è irriconoscibile. La furia dell’acqua ha divelto dalle pareti sovrastanti enormi blocchi di roccia portandoli fino in paese e distrutto la strada, i ponti, l’acquedotto, sconvolgendo la vita delle persone e la geografia dei luoghi. La strada che attraversa i Serrai di Sottoguda non c’è più. Un colpo durissimo per il turismo della zona, che ha nel suggestivo canyon scavato dal torrente Pettorina la sua attrattiva principale. Un frammento di questa tragedia, di persone e natura, nel reportage di Andrea Perini.

Il bollettino annuncia piogge abbondanti, ma gli allarmi meteo diradati sembrano essere quasi eccessivi visti da Mestre: quaggiù tutto si esaurisce con una pioggia neppure troppo abbondante e qualche raffica di vento, nulla di eccezionale e la quotidianità continua indolente.
Improvviso arriva un messaggio mentre sono al lavoro: “Non so di preciso la casa è a posto, ma è crollato il magazzino”. Questa è l’informazione avuta grazie a una telefonata da un telefono satellitare.
Si cerca di contattare qualcuno in paese ma tutti i cellulari sembrano spenti e i fissi non hanno linea; allora comincia la ricerca in internet da dove si raccolgono i primi frammenti di notizie: il Bellunese, l’Agordino e il Comune di Rocca Pietore sono stati pesantemente colpiti, non è possibile comunicare, il paese è isolato.
Si fanno congetture, ma ci si immagina ancora un evento “normale” e che la situazione non sia troppo grave. Poi ci si rimette a cercare qualche immagine sul web, qualche video da dove si comincia a capire il grado di devastazione: sembra incredibile vedere interi boschi spazzati via.
Riesco ancora a riconoscere i luoghi a me familiari e cerco di trovare qualche fotogramma che ritragga la casa in modo da capire cosa è successo, ma per il momento non si trova nulla e ancora non si riesce a stabilire un contatto.
Dentro la testa le immagini viste cozzano con i ricordi di com’erano quei luoghi, sembra quasi che il conosciuto non esista più, un senso di smarrimento e incredulità mi coglie.

Una forza tremenda ha spazzato via tutto
Il giorno dopo i telegiornali regionali cominciano a dare qualche notizia e la catastrofe assume toni ufficiali e contorni più definiti, ma solo quando arrivano alcune foto inviate da un vicino su WhatsApp si capisce meglio cosa è successo. La staccionata, l’orto, il magazzino e tutta la terra tra la casa e il torrente Pettorina non esistono più. Proprio quel magazzino che da ragazzino durante le vacanze estive avevo aiutato a costruire con mio nonno.
Una forza tremenda, che neppure si riesce a immaginare finché non se ne vedono gli effetti, ha spazzato via tutto. Il torrente ha accumulato potenza incanalandosi tra i muri della centralina situata poco a monte e con un’ampia curva si è creato un nuovo spazio, travolgendo e abbattendo tutto in un attimo.
Il muretto protettivo costruito saggiamente ha assorbito il grosso dell’impatto sollevandosi anch’esso da terra, ma non è stato sufficiente ad evitare danni. La casa per ora è salva, ma purtroppo la pioggia sembra non cessare e bisogna sperare che il torrente non continui a scavare verso le fondamenta.
Anche ciò che sembra essere costruito a regola d’arte e destinato a rimanere in eterno, viene spazzato via da un capriccio della natura.

Vorrei avere capacità e conoscenze per risolvere tutto
Oltre alla terra, al legno e al cemento il torrente si è portato via anche i ricordi collegati a quei luoghi, come se anche le mie radici fossero state divelte da quella terra.
Il cerchio di sassi dove facevo il falò da bambino, la fontana dove lavavo la frutta con il caldo estivo non esiste più niente. Tutti gli oggetti di lavoro e di uso quotidiano contenuti nel magazzino, piccole eredità affettive dei nonni, sono persi per sempre trascinati chissà dove dall’impeto della corrente.
Questi pensieri aprono una piccola ferita e inumidiscono gli occhi. Si vorrebbe subito andare a vedere com’è la situazione, entrare in azione per cominciare a togliere le macerie, proteggere e ricostruire.
Nelle foto ricevute un mobile sembra ancora resistere appeso ad un filo sopra il vuoto scavato dal torrente e si vorrebbe andare a salvare il salvabile, sperare di recuperare qualche oggetto pregno di ricordi.
Ma per ora sembra difficile arrivare lassù e le strade continuano a subire interruzioni.
Immerso in un senso di ineluttabilità e di impotenza sprofondo nel divano senza sapere cosa fare, stanco di dover affrontare un altro problema. La tristezza fa apparire tutto ancora più grande e irrisolvibile. Vorrei avere capacità e conoscenze per risolvere tutto, ma l’entità dei danni è tale da gettare nello sconforto, consapevoli di non poter fare nulla da soli, solo attendere e vedere come evolverà la situazione.

Quei luoghi hanno accompagnato i miei primi passi tra i monti, dai boschi fino alle cime che scorgevo da casa, mi hanno visto sudare tagliando la legna con la vecchia accetta e cercare riposo all’ombra della casa, mi hanno sostenuto e ritemprato nei momenti difficili per superare gli ostacoli imposti dalla vita; da lì sono partito per conoscere nuove valli, nuove cime, ampliare le mie conoscenze e le mie esperienze, ma sempre lì faccio ritorno perché è una casa per l’anima. E vorrei che ancora fosse così.

Oltre alla terra il torrente si è portato via anche i ricordi, come se le mie radici fossero state divelte da quella terra
Questi luoghi hanno accompagnato i miei primi passi tra i monti e sempre lì faccio ritorno perché è una casa per l’anima

Andrea Perini

Sono nato a Venezia, lavoro come fisioterapista a Mestre, semplicemente appassionato di montagna. Da piccolo ho frequentato la montagna trascorrendo i mesi di vacanza estivi coi nonni nella casa di Col di Rocca Pietore (BL), percorrendo facili passeggiate ai rifugi della zona coi genitori e poi sperimentando l’escursionismo solitario che poco a poco mi ha portato a percorrere le Alte Vie delle Dolomiti. Da qui ho cominciato una esplorazione sistematica soprattutto delle Dolomiti, spingendomi poi anche in altre regioni per affrontare trekking più impegnativi. Appassionato di foto, pratico discretamente l’arrampicata sportiva e frequento la montagna in ogni stagione d’estate con gli scarponi e d’inverno con gli sci.


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