Racconto

#11 · L’ultimo fiocco di neve

testo e foto di Gabriele Gallo

Vista serale dal Rifugio Pagarì (Alpi Marittime)
04/12/2019
5 min
informazioni
Si appoggiò ad una panca lignea che contornava un lato del rifugio e si tolse finalmente lo zaino.

Il caldo era opprimente e la maglietta gli si era appiccicata alla pelle. Pinzandosela tra le dita, cominciò ad agitarla avanti e indietro in cerca di refrigerio e nel mentre buttò un occhio verso valle. Suo padre e suo nonno ancora non si scorgevano. Intorno, invece, pietre, rocce e un viavai confuso di escursionisti: qualcuno discendeva, altri erano appena arrivati, altri ancora si godevano semplicemente il sole. Qualche insetto nell’aria e nulla più.
Entrò nella struttura e venne subito schiaffeggiato da una corrente ancora più calda e umida. Le tavolate erano piene per metà. Chi leggeva, chi parlava, chi sorseggiava qualcosa. Individuò un angolo libero verso il fondo e si sedette. Alle pareti una grande cartina geografica della zona e diverse fotografie. 1980, 1991, 1998, 2008, 2018, 2029. Cominciò a scrutarle una ad una, stupito e incuriosito. Stambecchi, camosci, neve e ghiaccio in ogni scatto. Gettò lo sguardo oltre la finestra che si apriva alla sua destra. Pietre e rocce, arbusti e una piccola cascata. Di neve neanche l’ombra.

«Eh ragazzo….Quelli sì che erano bei tempi». Giacomo si voltò di scatto e vide un uomo con la barba bianca e la pelle scavata dal sole. In testa un paio di occhiali scuri, addosso una semplice canotta chiara.
«Era il 1996 quando mio padre prese per la prima volta la gestione del rifugio. Un azzardo che mia madre non gli ha mai perdonato. Dopotutto ai tempi la stagione durava quattro mesi scarsi».
«Come mai? C’era meno gente che saliva fin quassù?»
«Non proprio» bofonchiò il vecchio scuotendo la testa. «Da ottobre a maggio inoltrato c’era la neve».
Gli occhi di Giacomo s’illuminarono d’improvviso. La neve era il suo fenomeno preferito, anche se a Torino si faceva ormai vedere di rado. Un paio di centimetri bagnati ogni tanto, non di più.
«Ma non si poteva venire lo stesso?»
L’uomo strinse le labbra e strozzò un sorriso, quindi si sedette accanto al giovane.

«Ragazzo mio, non stiamo parlando di un paio di centimetri, ma di metri e metri di neve e di ghiaccio, spesso trascinati giù da enormi valanghe. Il sentiero spariva e si trasformava in una parete ripida e scivolosa, con uno strapiombo di trenta metri. E poi la strada la chiudevano alla fine del paese. Nessuno si sarebbe mai fatto dieci chilometri di salita in quelle condizioni.»
«Ma questo fino a quando?»
Quello inclinò la testa e si sfiorò la barba, come a voler interrogare la memoria rovistando tra i ricordi.
«I cambiamenti sono stati costanti ma graduali fino al 2018, anno più, anno meno. Poi d’improvviso si è rovesciato tutto e oggi ci ritroviamo con un clima che non ha nulla a che vedere con quello di un tempo».
«In che senso? Non nevica più?».
L’uomo si piegò in avanti quasi in segno di riconoscenza verso quel suo nuovo giovane amico, così attento e curioso.

Rifugio Piero Garelli (Alpi Liguri)

«Per fortuna un po’ nevica ancora, ma lo fa in maniera totalmente diversa. Ad esempio in inverno raramente ne abbiamo molta al suolo. A volte addirittura piove nel cuore di gennaio. In primavera, invece, può capitare che ne faccia uno o due metri per volta, ma sparisce tutta nell’arco di pochi giorni. In estate e in autunno, poi, fa molto più caldo sia di giorno che di notte e non gela quasi mai. Insomma, la neve scende, ci saluta e vola via subito. E noi ormai possiamo rimanere aperti otto o nove mesi all’anno.»
Giacomo a quel punto ritornò a fissare le foto alle pareti. Maggio 1980, luglio 1991, settembre 1998, giugno 2008, luglio 2018, maggio 2029.
«Voi però ci avete guadagnato potendo aprire il doppio dei mesi».
L’anziano sospirò.

«Vero giovanotto, ma non contiamo solo noi al mondo. Guarda quelle foto. Ai tempi qui vivevano stambecchi, camosci e marmotte. Fuori dalla porta nascevano le stelle alpine e l’achillea. Ora non c’è più nulla. Tutto si è spostato verso quelle creste frastagliate lassù, ma non per molto. Un paio di anni forse. Poi solo più specie termofile, caprioli e cinghiali. Il tutto a duemila metri di quota. Se penso a quanto è cambiato in pochi decenni…»
Giacomo scosse la testa, quasi irritato.
«E perché non avete fatto nulla per evitare tutto questo?»
L’uomo fissò il ragazzo per qualche istante. Poi abbassò lo sguardo, inerme.
«Già. Perché? Non lo so.»
Tra i due cadde un silenzio assordante fatto di delusione, rabbia e malinconia. Nella sala, invece, continuava il vociare confuso dei tanti clienti ai quali si erano da poco aggiunti anche il papà e il nonno di Giacomo. 

Successe in un attimo. Una frazione di secondo appena.
Un boato, un tremore, poi un colpo secco. Vetri in frantumi, urla, sassi e polvere. Millenni di storia sgretolatisi d’improvviso. La Torre delle Aquile non c’era più. Trecento metri di roccia cancellati per sempre, rotolati verso il basso e schiantatisi contro una parete del rifugio.
«E perché non avete fatto nulla per evitare tutto questo?»
Nella mente dell’uomo quella domanda pulsava più del tonfo sordo, la mancata risposta lo feriva più delle schegge di vetro che ora si ritrovava sulla pelle. La sua montagna era venuta giù per sempre e il suo rifugio sarebbe rimasto inagibile chissà per quanto tempo. Parte della sua vita finiva quel giorno. O forse era già finita quando aveva deciso di non lottare nel quotidiano, rassegnandosi a cambiamenti sempre più evidenti.

∼∼∼

Francesco chiuse quel grosso libro azzurro che teneva sulle ginocchia. “La grande estinzione. 365 storie sui cambiamenti climatici che non vorresti mai leggere”. Sospirò appena e si affacciò alla finestra. Candidi fiocchi di neve avevano preso a cadere da qualche ora e inzuccheravano già le auto, i tetti e le strade. Chissà quante nevicate sarebbe ancora riuscito a vedere in vita sua. Sospirò di nuovo e sorrise. Non voleva perdersi neanche un fiocco. Poteva essere l’ultimo.

Rifugio Genova (Alpi Marittime)

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2019. Fai sapere all’autore cosa pensi della sua storia, scrivi qui sotto il tuo commento.

Gabriele Gallo

Sono un giornalista della provincia di Cuneo che si immerge nelle viscere più profonde di un territorio cercando di carpirne i segreti e le distorsioni, i respiri e i rimpianti. La scrittura è ad oggi il mio unico mezzo per trasmettere agli altri ciò che vedo e ciò che sento.


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