Tutto ciò che mi sono messa a fare da sola è iniziato per condizione e per scelta, una via di mezzo tra un obbligo liberatorio e una scelta costretta.
Nei viaggi, l’obbligo è arrivato dalle questioni fisiologiche della vita di una single ultratrentenne, che sola si ritrova a fare tante cose; la scelta è arrivata da un luogo: la Cornovaglia. Un luogo completamente slegato dai miei luoghi di sempre e a cui non avevo mai pensato finché nel 2015 l’ho vista scorrere sullo sfondo nel film Questione di Tempo.
Viaggiare da sola è ora per me laboratorio di ricerca, sperimentazione, conferma e invenzione. E, con il mio modesto bottino di sei viaggi in due anni, non so se viaggerò sempre sola ma spero di riuscire a riservarmi sempre un pezzettino di viaggio tutto per me.
Il mio viaggio inizia da una meta: un luogo letto in un libro, raccontato da qualcuno o visto in fotografia. E che l’abbia visto, sentito o letto diventa meta quando si fa tarlo e alimenta il prendere-e-andare.
Il tarlo comincia a lavorare ed è come se nascesse un amore. Faccio conti, cerco collegamenti, consulto guide, studio il meteo e nel giro di poco eccomi pronta a prenotare.
La meta quindi si fa obiettivo, una vera e propria missione da compiere, molla potentissima che scava in me per trovare tutto ciò che serve per arrivare, restare e scoprire.
Per convincermi dell’impossibilità di fare da sola ho sempre pronta una lista di ragionevoli dubbi: noia, stanchezza, soldi, tempo e senso.
Viaggiare mi è sempre piaciuto, ma a partire da sola, per la prima volta, mi ha convinta non solo la Cornovaglia (c’ero già stata nel 2016 con un viaggio di gruppo organizzato) ma più il provare a esasperare quell’illusione di farlo con le mie forze e vedere cosa sarebbe successo.
Mentre vagliavo budget, calendario, spostamenti ecc., ho inaugurato un diario in cui annotare tutto. E man mano che la Cornovaglia da immagine e sogno diventava programmazione e realtà, ecco arrivare i dubbi.
Per convincermi dell’impossibilità di fare da sola ho sempre pronta una lista di ragionevoli dubbi: noia, stanchezza, soldi, tempo e senso. Un gioco in cui cado regolarmente, così è stato per la Cornovaglia ma anche per l’ultima fuga a Bad Gastein.
Eppure sono partita lo stesso e, se per i primi viaggi questa lista era un macigno pesante, ultimamente è un sassolino che si fa sentire, a cose fatte, qualche giorno prima di partire. Ormai lo conosco, è un contro-tarlo che cerca di minare le mie iniziative in solitaria.
Perché più riempivo le pagine del diario pre-Cornovaglia e più sotto quella lista di impedimenti emergeva il vero problema: cosa penserà chi mi conosce di quella folle urgenza di prendere e partire da sola per un posto che non conosco, senza un vero motivo se non quello di essere lì? E subito dopo ecco la paura di tutto ciò che può capitare proprio mentre si è soli, senza motivo, in un posto che non si conosce.
Paura che, per quanto sia reale, puzza di bruciato, è troppo imparentata con l’automatica punizione che spetta a chi ha osato sfidare i fantasmi – propri e altrui – che aleggiano intorno al viaggiare soli.
Viaggiare per me è rompere gli schemi, rifugiarmi in nuovi orizzonti e ampliare la mia visuale.
In questi anni gli inconvenienti non sono mancati e forse è vero che più si esce da quadrilatero della vita di tutti i giorni più si alimenta il volume delle possibilità che accadano imprevisti. Ma la mente a volte si dà delle spiegazioni molto strane per fare o non fare qualcosa e così un lumicino mi ha convinta: ho pensato che anche a Bergamo, nella mia vita di tutti i giorni faccio tante cose da sola e la quotidianità può riservare insidie molto più impegnative di un dente rotto a Dubrovnik o un appartamento da trovare in poche ore a Spalato.
Le insidie non sono solo accadimenti improvvisi, si nascondono anche nella ripetitività di azioni, pensieri, incontri e luoghi o nello scorrere del tempo, che se non viene spezzato con nuovi luoghi e fughe, resta lì a girare inutilmente su se stesso ipnotizzato dal ciclico svolgersi della settimana-tipo.
Se viaggiare per me è rompere gli schemi, rifugiarmi in nuovi orizzonti e ampliare la mia visuale, farlo da sola è sperimentarmi, immergermi completamente nei luoghi, ma anche tornare con un bagaglio di conquiste di me e del mondo. E’ farne tesoro scrivendo e leggendo.
E’ trovare nuove combinazioni per vivere la quotidianità con le sue insidie, incluso risvegliare il tarlo perché inizi a lavorare sulla prossima meta.
“Perché, forse, l’unica vera libertà concessaci non è intraprendere un viaggio, ma essere sé stessi e seguire la propria strada” (da Verso est. Appunti di viaggio di Matthias Canapini).