Sono le sere terse di novembre, quelle che più mi fanno pensare a te.
Il profilo delle montagne si delinea nitido contro il cielo scuro, il tuo profilo spigoloso si infrange nei miei ricordi. Il cielo è piatto, scuro ed infinitamente accogliente. In queste sere mi sembra di sentire la tua voce roca che sussurra, sorridente: mai paura. Allora lascio che i miei pensieri si perdano in un turbine di flash back proiettando nel cielo i miei timori. E allora il tempo sembra fermarsi, il cuore sale in gola e infine un senso di pace mi pervade.
Ricordo quegli attimi nella mia vita in cui liberarsi da ogni paura è significato accettare di aver sbagliato e di poter sbagliare. Per andare avanti liberi dal fardello paralizzante del timore serve questa consapevolezza, che giunge però spesso quando non c’è alternativa. Chi ha l’acqua alla gola impara a nuotare e se ci riesce riamane forse per sempre affascinato da quell’istante in cui la paura sparisce, il sangue si gela e il corpo agisce quasi fosse comandato da un impulso esterno. Ed è proprio in questo momento, credo, che si raggiunge quell’euforia che confonde incoscienza ed onnipotenza. Forse è proprio la ricerca di questi attimi in cui l’io non sembra più così mortale che porta molti di noi al limite delle nostre possibilità, ad assaporare momenti, a seconda del punto di vista personale, di folle incoscienza o ponderato rischio.