Racconto

#40 • Resilienza

testo e foto di Maurizio Panseri

30/12/2019
2,90 min
informazioni
Oggi vedremo di farci felicemente disturbare.

Mi è sempre piaciuto sentire vibrare la lingua tra i denti proprio nell’attimo in cui inizio a pronunciare questa parola: resilienza. Oggi il termine è di moda e pure un poco abusato ma il suo significato rimane intatto. Ed è proprio questo che mi affascina ed interessa, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi che destabilizzano, l’essere in grado di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, che siano il piccolo imprevisto quotidiano o le dure prove che il vivere ci riserva.
Oggi scomodo questo termine per una questione leggera, non ci sono malattie, lutti o perdite da rielaborate o da attraversare con dolore, ma un semplice ed innocuo imprevisto meteo. Nonostante l’arrivo della perturbazione non abbiamo rinunciato al nostro progetto e il nostro piccolo viaggio è stato destrutturato e ricombinato.

Partiamo. Tappeti di foglie da fare invidia al catalogo Pantone si srotolano sotto le nostre ruote. Gocce di pioggia scivolano sui caschi e sulle giacche. La Valle, che solitamente si percorre a gran velocità sulla statale, si disvela in tutta la sua complessa e sorprendente bellezza: luoghi e paesaggi plasmati dal tempo e dall’uomo, fonti preziose di storia e di storie. Lentamente saliamo. In alto, nel lariceto che profuma di resina, il vento scuote le chiome, una nevicata di piccoli aghi ci avvolge di giallo e di ocra. Poco dopo, tornate dopo tornate, pure le nebbie ci inghiottono.

Che strana sensazione, ci siamo solo noi e il silenzio dei monti, non li vedo ma sento il loro respiro profondo e potente. Il nostro, di respiro, è un poco in affanno, e si condensa sui volti. Perdiamo ogni riferimento continuiamo a pedalare, tutto si dilata come in un sogno. Piccoli stormi allegri di cince sfrecciano tra i rami lanciando i loro richiami, ci riportano alla realtà. Bucare le nubi è l’obiettivo della giornata ma ormai non ci speriamo più. Anche loro si alzano con noi e con l’avanzare del pomeriggio. Poche sono le ore di luce disponibili.

Poi per incanto ecco il mare di nubi che si stende sotto di noi, in lontananza ghiacciai e cime di granito. Sopra di noi un sole che non scalda e si nasconde tra nubi più alte e che mai potremo bucare. Poco male. Per raggiungere il passo mancano pochi chilometri e ce li godiamo tutti. Respiriamo l’aria fredda e umida. Osserviamo la patina di ghiaccio che copre le acque del laghetto poco prima del valico. Ascoltiamo il canto dell’acqua che prende forza e scende a valle ad ingrossare il torrente.

E mentre fantastico sul viaggio di queste acque, la strada spiana e non c’è più nulla da salire.
Mi fermo.
Ci fermiamo.
Un abbraccio e una stretta di mano con gli amici.
Qualche parola e ci prepariamo per la discesa.
Il paesaggio è severo, di una bellezza austera.
È stata una giornata unica, perché le giornate passate in bicicletta sono tutte uniche per definizione. Abbiamo respirato i colori dell’autunno sotto cieli plumbei, annusato foreste accoglienti, facendoci avvolgere da dense nebbie, galleggiando sopra un mare di nubi tra montagne innevate, attraversando il freddo senza toglierci il piacere di sentire il corpo vivo.

Un pensiero fa breccia nella mente ed una cosa è certa, tutta questa bellezza che ci circonda e ci travolge, ci sopravviverà, noi non ne facciamo parte e nemmeno la meritiamo, siamo solo una piccola e insignificante presenza, uno scherzo dell’evoluzione. Però siamo qua, ora, e non possiamo fare altro che godere di tanta bellezza, tentando goffamente di raccoglierla, trattenerla e farne racconto.
E domani, e dopodomani che sarà?
Tra i monti sarà neve, sarà candore.
Lungo il fiume si vedrà.
E resilienti ci godiamo il qui e l’ora, cogliendo le opportunità, adattandoci a ciò che sarà.

Bisogna aprire all’ignoto,
bisogna che l’ignoto entri,
e disturbi.

M. Duras, La vita materiale

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2019. Fai sapere all’autore cosa pensi della sua storia, scrivi qui sotto il tuo commento.

Maurizio Panseri

Olera (Alzano Lombardo, BG) è il borgo dove vivo, immerso nei boschi. Le Orobie sono le “mie” montagne, sempre in grado di stupirmi, a cui mi sento intimamente legato. Arrampicare, sciare, correre e pedalare: semplici pretesti per viaggiare, pietre focaie del mio scrivere di luoghi, di persone e del mondo.


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