Reportage

ALPI FELTRINE: UN LUOGO ALTRO, MAGICO #3

In occasione della Réunion di Altitudini, Luciano Caminati scopre le Alpi Feltrine, sente parlare di California e dei Piani Eterni, di luoghi suggestivi ma impervi. Decide di andare a vedere e così parte per una lunga escursione, da California al Passo Croce d’Aune, che lascerà il segno. Qui la terza e ultima parte.

testo di Luciano Caminati  / Castel Maggiore (BO)

La Busa delle Vette (ph. Dino Marsango)
30/09/2022
6 min
Oggi s’addensano nubi minacciose grigie e nere. Il cielo coperto minaccia tempesta, ma non accadrà nulla.

3a PARTE /
dal RIFUGIO GIORGIO DAL PIAZ al PASSO CROCE D’AUNE

In questa strana estate siccitosa, la pioggia sembra un ricordo. Se non altro, l’aria un po’ più fresca faciliterà il cammino. Abbiamo deciso di salire al Pavione che, coi suoi 2335 metri di altezza, è una delle vette principali di questa parte delle Dolomiti Feltrine. Un cupolone di prati che, nel versante a sud, precipitano in salti di roccia e ghiaioni. Eppure, a ben vedere, così, ad una prima occhiata, la montagna non ha nulla di dolomitico. Niente guglie, né pinnacoli di roccia sospesi nel vuoto, né bizzarrie di forme a disegnare il paesaggio. Il Pavione è, invece, una facile passeggiata che segue il crinale aereo e molto panoramico, appena sopra il Rifugio Dal Piaz.

Abbiamo lasciato gli zaini, li recupereremo al ritorno, così oggi ci godremo i colori e quest’aria fresca che viene da nord, senza il fastidio del peso sulle spalle. Le gambe sono sciolte e la salita, seppur in certi tratti un po’ ripida, non è più un problema. Piuttosto, attirano l’attenzione queste praterie di fiori, una tavolozza cromatica che colpisce e inebria gli occhi.

È tutto un brillare che attira miriadi di farfalle variopinte, bombi e api
A mano a mano che il sentiero ci porta in quota, ben si distinguono le cosiddette “buse”, avvallamenti circolari di origine glaciale, subito a valle del crinale. Un tempo venivano usate come alpeggi, e le casere ancora in piedi sono lì a testimoniare questo passato. Per lo più, oggi, sono abbandonate, gli animali al pascolo scarseggiano, ma la Malga Vette Piccole è abitata dai malgari in estate. S’erge quasi al centro del vasto avvallamento racchiuso tra i rilievi del Passo Piétena e del Passo Vette Grandi.

Non mi arrendo e col binocolo mi ostino a scrutare i pendii. Da qualche parte qualche camoscio ci dovrà pur essere! E, invece, nulla, nemmeno nei declivi più ripidi e ombrosi. Distinguo appena le loro tracce, esili sentierini che rigano i versanti tra ghiaioni e sfasciumi a finire sui tratti erbosi, ma per il resto è un deserto! In cielo, un rapace volteggia a caccia di qualche animaletto. Forse a lui andrà meglio!

Nuvole di vapore s’alzano dal manto erboso che luccica di rugiada. Le gocce sui petali ne ravvivano i colori quando i raggi del sole filtrano in una diafana opalescenza. Allora è tutto un brillare che attira miriadi di farfalle variopinte, bombi, api in un frenetico posarsi da un fiore all’altro. L’erba è alta, intatta, padrona assoluta del territorio. Un ben di Dio per gli occhi, che darebbe ottimo latte e formaggio e una carne molto più saporita se ci fossero ancora mandrie di vacche e cavalli al pascolo. E, invece, nemmeno il miele! Mi stupisco che ovunque sia andato in questi giorni, non abbia mai visto arnie per accogliere le api così industriose.

La Busa delle Vette (ph. Dino Marsango)

Quassù è possibile vedere Venezia e il campanile di San Marco
Certamente godo di una natura inselvatichita, che ha riconquistato gli spazi ora abbandonati dagli umani, ammassati giù nella valle gravata da un calore eccessivo, dove le industrie degli occhiali offrono una ricchezza più facile e proficua. Chi mai sarebbe disposto oggi a fare il malgaro? Salire le estati a badare centinaia di vacche, ritirandosi a un eremitaggio che si conclude coi primi freddi autunnali? Mi faccio delle domande, ma non posso dimenticare di essere, in fin dei conti, an sior cittadino, per il quale la vita è più facile e agiata. Così mi inebrio di questi profumi, ora che il sole mi sorprende quando sono già in cima, una grande balconata su Feltre e Fiera di Primiero. C’è perfino chi sostiene che, quando il cielo è limpido, da quassù è possibile scorgere il campanile di San Marco a Venezia. Non lo immagino nemmeno, la foschia è ben densa, e mi sta bene quel che vedo, figuriamoci! Così, se volgo lo sguardo a nord, è un susseguirsi di creste che affiorano in un sovrapporsi di chiaroscuri tra le coltri di vapore. Paiono gigantesche onde pietrificate di un mare in tempesta. E non posso fare a meno di ricordare che appena ieri mi dannavo tra quelle pieghe di roccia della Cima Dodici, del Ramezza, del Sasso Scarnia, fin là al Cimonega, sullo sfondo!

I pratoni scendono con dolce pendenza fino a calare sulla Malga Monsampiano, un alpeggio soleggiato adagiato in un’ampia conca di verdi pascoli che t’abbaglia di verde e di una fioritura multicolore; niente da stupirsi, quindi, se si chiamano anche “buse delle meraviglie”. Oggi, anch’essa è abbandonata, le vacche non ci pascolano più e nemmeno la fontana zampilla più acqua! Hanno tolto il rubinetto con buona pace di chi ha sete. Ma nel complesso, gli edifici e le stalle non sembrano messi male. Anzi, a bene vedere, qualche imprenditore intraprendente e coraggioso potrebbe anche azzardarsi a convertirla a vero e proprio agriturismo. Tanto più che vi si accede anche per una comoda strada forestale, quella che parte dal Rifugio Dal Paz, appunto, per lo più in piano, e attraversa altre “buse”, costeggiando a mezza costa i contrafforti del Pavione e del Col di Luna. Qui il colore dominante lo danno le distese fiorite di Bistorta officinalis, di Verbasco dai gialli pennacchi, di Soldanella alpina che ritta e candida s’erge a vedetta di queste terre alte e di alisso dell’Obir, una rarità preglaciale che indora i pendii. Ma è tutto un colore, a dire il vero, l’apoteosi dei fiori! Gli occhi si riposano in questo rigoglio e l’arsura delle rocce impervie di ieri è appena un ricordo.

Il Col di Luna dal Monte Pavione (ph. Federico Ravassard)

Così tra una favola e l’altra arriviamo al Passo di Croce d’Aune
Dispiace, perciò, prendere il sentiero che scende a valle, una volta rientrati al rifugio e avere recuperato gli zaini. Non prima, però, di un’ultima polenta e schiz! In circa due ore e mezza saremo al Passo d’Aune, ma per il momento godiamoci questi ampi tornanti della forestale che scende dal Rifugio. Come di consueto, da queste parti, anche questa fu una strada militare costruita durante la Grande Guerra. E a ogni svolta regala scorci indimenticabili. Poi s’infila nel bosco e a un bivio, prendiamo per il sentiero che scende più deciso. È il sentiero delle sculture fatate, un’esposizione d’arte lignea dove vari artigiani e artisti si sono divertiti a dare forma ai tronchi morti, ai ceppi divelti, trasformando le scabrosità della corteccia in fantasia di fiabe narrate ai bambini, favole di gnomi, streghe, e di animali fatati. È così che tra una favola e l’altra arriviamo al Passo di Croce d’Aune, in una calura insopportabile, da pianura appunto!

Diego dispiega la cartina sul tavolino del bar. Dà una certa soddisfazione rileggere il percorso che abbiamo fatto fin qui, dalla lontana California, un tracciato rosso che disegna i nostri passi e le nostre fatiche su è giù per monti e valli. E anche se abbiamo penato in certi tratti con le gambe che non ne potevano più di sfasciumi e rocce malferme, con il sudore che bruciava gli occhi, chiedendoci perché mai siamo sempre tormentati dalla voglia di partire e rischiare queste fatiche così insensate, è proprio questo sentimento inesplicabile, allietato da una bella birra fresca, nel rilasciarsi dei muscoli finalmente a riposo, che ci sprona a volgere lo sguardo in alto, sulle creste che da quaggiù paiono così lontane, così irraggiungibili. E già l’immaginazione corre, dimentica di ogni pena, per nuovi itinerari, e vola su nuove creste. C’è ancora tanto da vedere e da sperimentare in nuove avventure! Magari il prossimo autunno o, perché no? il prossimo inverno, con la neve che imbianca i Piani Eterni e, forse, indurrà i lupi a venire allo scoperto… Chissà!

Forse, dopotutto, è il fascinoso richiamo dei “posti eccezionalmente misteriosi”, come scrive Buzzati, che mi fa ancora fantasticare!

La strada militare che scende al Passo Croce d'Aune (ph. Roberto De Pellegrin)
Luciano Caminati

Luciano Caminati

Sono una persona curiosa che ha imparato a non dare nulla per scontato. Mi piace viaggiare per questo. Sono un sognatore, nella continua illusione di trovare il luogo, il tempo dell’armonia, quella con la A maiuscola, dove il tutto si riconcilia in un equilibrio perfetto. Raccontare, quindi, diventa la condizione imprescindibile del viaggio. Il viaggio nasce, si svolge, termina per poi rivivere nel racconto; scrivo, essenzialmente, per non dimenticare.


Il mio blog | Il mio blog "IsoleBianche.com" è dedicato a territori sospesi nel vasto oceano delle riflessioni, a terre da esplorare e coprire di immagini, agli appunti vergati in tutta fretta su taccuini di viaggio e non solo; segni, graffiti dove fissare pensieri fugaci che mai più ritorneranno con la medesima intensità. Parlo di spazi immacolati da percorrere con il respiro delle emozioni, alle intuizioni da comporre e scomporre come tessere di un mosaico nell'impermanenza delle parole usate, abusate, negate, seguendo il filo labile che lega luoghi vissuti, luoghi immaginati, incontri, popoli in cammino verso un dove inconsapevole.
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