Non neve: da anni non nevicava più, nemmeno in alta montagna.
Non stelle: spente, cancellate dalla troppa luce.
Solo qua e là, insegne tremolanti, led ubriachi e fiacchi sfarfallavano sui cartelloni pubblicitari come falene senza più memoria del buio.
Sotto il ponte: corpi raccolti, silenzi che sanno di lontananze, di mare e di sabbia remota, di un sole crudele che in quel momento, però, sarebbe stato una benedizione.
Un uomo divide un pane in sei pezzi, ne porge un altro intero alla donna che allatta il bambino nato in quelle ore.
Versa il vino in bicchieri sbrecciati. Un brindisi aspro alla festa che viene, alla notte da esorcizzare.
Una candela accesa sopra un mattone. Trema, vacilla, ma resta.
Le auto passano vicine, veloci. Indifferenti sfiorano quei corpi, che nessuno vede.
Dentro il metallo gli occhi restano bassi, serrati dietro al vetro, piombati dal tempo, dal rumore, un sonno greve e malato ha contagiato ogni sguardo.
Eppure, qualcosa rimane.
Un lampo ribelle attraversa la notte: una luce che dagli occhi di un bambino fora il buio.
Dal sedile posteriore, Giacomo coglie ciò che sfugge al Mondo.
— Papà, mamma, guardate!
— Cosa, Giacomo?
— No, niente… mi sono sbagliato.
Ma no, non si era sbagliato Giacomo.
La candela, nel riflesso dei suoi occhi, diventa sole.
Il cerchio dei corpi, casa.
Giacomo sorride. Solleva la mano e saluta. Dal cerchio, sette file di denti bianchi sorridono e salutano a loro volta.
Un istante soltanto, e già l’automobile è lontana, il legame reciso prima ancora di annodarsi.
Quella notte, Giacomo sogna.
E il sogno ha strade nude, vetrine spente, finestre vuote.
Solo una luce: la candela sopra un mattone.
Poi, ecco: tutte quelle persone in cammino verso il ponte.
Piedi scalzi sull’asfalto freddo.
Confini che si sciolgono.
Lingue diverse che si fondono in un unico respiro.
Un coro senza parole. Una musica senza note. Un silenzio senza vuoto.
La fiamma non si consuma. Cresce.
Diventa acqua, diventa terra, avvolge il ponte, illumina la città, accende il cielo di stelle dimenticate.
Il pane e il vino non si consumano, diventano corpo vivo, sangue, memoria che non muore.

