“È la parola a chiamare: l’astratta, colma parola, più forte di qualsiasi certezza.”, lo dice Cristina Campo, una poetessa fiorentina che amava scrivere di fiabe, perché alla fine le favole, come i miti, parlano a ognuno di noi. La geografia di queste terre fa il resto: un accidentato ponte che collega Islam e Cristianesimo, crocevia tra oriente e occidente, sorge dal Mar Caspio e si tuffa nel Mar Nero. Ancor prima che Giasone e gli Argonauti venissero in questi luoghi alla ricerca del vello d’oro si racconta che qui sia stato incatenato e punito Prometeo per averci regalato il fuoco.
Questa volta in compagnia di mio nipote Giorgio voglio attraversare gli Svaneti, terre impervie dalle alte torri, annerite dal fumo e dal tempo. C’è qualcosa che mi rallegra nell’andare con Giorgio in Georgia. Etimologia incerta per altro, di certo vi è un collegamento col santo patrono della nazione San Giorgio ma sembra che derivi più dal termine che i greci usavano per indicare l’agricoltura, lo stesso delle Georgiche di Virgilio. I georgiani però, in Kartuli la loro lingua specialissima e dall’alfabeto rotondeggiante, chiamano il loro stato Sakartvelo la terra di Kartlos loro padre mitologico. Giorgio è uno dei miei nipoti più piccoli di cui so meno. Ha 27 anni, circa venti meno di me. Quale modo migliore di conoscere meglio qualcuno che camminarci insieme? Il programma è semplice, dopo qualche giorno ad un festival di musica elettronica ad Anaklia, sulle coste del Mar Nero, risalire il fiume Enguri, che drena gli Alti Svaneti e camminare verso le vette più imponenti del Caucaso.
Grazie per averci fatto viaggiare in territori poco popolari
Che fascinazione! Grazie!