Racconto

LA NOTTE DEI MIRACOLI

Fuori dalla finestra il grigio perlaceo della neve, che continuava a cadere senza pause sin dal mattino, si lasciava piano sopraffare dal blu della notte...

testo di Andrea Nicolussi Golo, illustrazione di Stefano Lovison

22/12/2021
6 min

Dedicato a Giovanni Anziutti.

«Nonno, posso accendere la luce?»
«Puoi, ma poi vedrai me e non vedrai più la storia».
«Allora la lascio spenta».

Fuori dalla finestra il grigio perlaceo della neve, che continuava a cadere senza pause sin dal mattino, si lasciava piano sopraffare dal blu della notte che saliva dal fondo della valle, lo stesso blu entrava nella stanza e avvolgeva ogni cosa come una pezza di velluto morbida e spessa.
Bastiano si era accoccolato sul cuscino della cagna ai piedi della vecchia poltrona Frau, là Nonno Matio andava a sedersi ogni sera. Il blu della notte si era già preso ogni cosa: i ritratti degli antenati sul muro, la credenza con le maioliche tedesche, i libri sui ripiani di cedro, le forme e le padelle di rame appese al camino. Gli oggetti a uno a uno sprofondavano in quel colore vellutato e il ragazzo ormai non distingueva più nemmeno il viso dell’uomo che gli stava accanto. L’oscurità lo turbava, ma Bastiano non avrebbe mai rinunciato a vedere la storia che Nonno Matio dopo un lungo armeggiare stava per raccontargli.

Prima di raccontare, infatti, l’uomo doveva avere con sé tutte le sue cose e, prima di ogni altra, la pipa di porcellana dipinta accompagnata naturalmente dal pesante sacchetto di cuoio per il tabacco e poi gli occhiali, cose se ne facesse di questi oggetti non lo sappiamo, per tutta la sera il Nonno non avrebbe fumato e se pure gli occhiali gli fossero serviti, con il buio che invadeva la stanza, sarebbero stati comunque inutili. Un’altra cosa che mai Nonno Matio avrebbe trascurato prima di sedersi a raccontare era di alimentare per bene la stufa in modo che il fuoco durasse almeno un paio d’ore e poi di accumulare una buona scorta di legna lì appresso. Anche la cagna aveva le sue attenzioni, spodestata dal suo trono da Bastiano, andava a rifugiarsi sotto il tavolo dove Nonno Matio le aveva preparato un osso con un po’ di polpa attorno.

Dalla stufa, ormai rovente, uscivano a tratti certi bagliori che tagliavano l’oscurità e proiettavano sul muro ombre di vivi e di morti.
“Lüsan” ascolta, nella lingua delle genti germaniche da cui Nonno Matio discendeva ogni racconto doveva iniziare così, perché Dio non disse a Israele obbedisci ma “Shemà”, ascolta.
Dopo la parola magica tante altre incominciarono a rotolare per la stanza provenienti da ogni dove, parole che si impastavano con la notte e la neve e dipingevano su di una tela scura le storie che Bastiano incantato guardava senza quasi respirare.
Si fecero avanti gli orsi saggi che conoscevano i segreti dei re e delle regine e i tesori nascosti e le fontane con l’acqua che non fa invecchiare. Gli orsi girarono un po’ per la stube poi, brontolando parole nell’antica lingua di Nonno Matio, se ne andarono soddisfatti di quello che avevano visto e sentito.

Bastiano li guardò attraversare la notte e immergersi nella neve e ancora li vide nel fondo del fondo del bosco dove avevano la tana.
Ma adesso già altre parole alluminavano con l’oro una nuova storia.
Il Nonno ripeteva sempre gli stessi racconti, cambiandoli solo un po’ di sera in sera. Quella notte di vigilia però, l’anziano aveva una lama che gli incideva il cuore, aveva quella storia mai raccontata e che voleva a tutti i costi raccontare.
Vedi Bastiano, fa freddo qui in questa notte di Vigilia, fa freddo e nevica forte, ma questo è niente al confronto. Esiste una terra lontana, più lontana di quello che puoi vedere dove fa così freddo che la neve rimane appesa al cielo e forma delle nuvole, sono luminose come mille lune quelle nuvole; fa così freddo che i fiumi ghiacciano fino al fondo imprigionando i pesci; ma così freddo che gli uccelli non possono volare perché anche l’aria si ghiaccia e si ghiaccia il fuoco dei fiammiferi, come si ghiaccia il fiato degli uomini soffocandoli.

Si fecero avanti gli orsi saggi che conoscevano i segreti dei re e delle regine e i tesori nascosti e le fontane con l’acqua che non fa invecchiare.

Bastiano tese le orecchie e strinse gli occhi a fessura cercando di sentire e di vedere l’inimmaginabile.
Russlånt si chiama quel paese lontano. Russia dirà la tua maestra.
Laggiù, in un inverno immobile e triste, mandarono a morire senza ragione alcuna molti giovani di molti paesi, anche del nostro.
Morirono così tanti che i loro corpi a primavera, la gelida primavera di quei luoghi lontani, fecero germogliare la terra di fiori rossi come mai si erano visti né laggiù, né altrove nel mondo. Fiori intrisi di sangue che durarono il breve tempo di una stagione e poi scomparvero per sempre.
Ma tutti quei nostri ragazzi morti non poterono riposare in pace in quel gelo sterminato.

Al cielo delle mille lune si alzò allora una smisurata preghiera per il Signore di tutti gli eserciti. Una preghiera fuori misura a quell’Onnipotente che aveva fatto nascere al mondo in una notte come questa il suo Figlio prediletto, doveva disarmarli tutti gli eserciti, il figlio, ma non vi riuscì e l’Onnipotente chinò il capo.
«Signore Onnipotente tu sai quanto sia sbagliata questa guerra, sbagliata come tutte le guerre e tu sai le nostre colpe, ma ti preghiamo di farci tornare a riposare sotto la terra buona delle nostre montagne, che c’è troppa tristezza quaggiù, fai che le nostre madri abbiano finalmente un luogo dove piangerci senza lacrime, che le hanno tutte finite».
Il Signore ascoltò, quanta fiducia avevano in lui quei poveri spiriti dispersi e quanta forza avevano ancora le loro voci, ma Lui sapeva di non essere onnipotente, sapeva che non poteva farli tornare a vivere.

Una cosa però gli riuscì, radunò tutti quegli spiriti inquieti, paese per paese, montagna per montagna e poi con un ampio gesto delle braccia chiamò a stormo gli uccelli con il ciuffo e la coccarda rossa sul petto e il colore del ghiaccio avevano e giallo, ordinò loro di raccogliere quelle memorie informi e di ricondurle ai loro paesi almeno fino a quando laggiù non fosse tornata la primavera.
Bastiano premette forte i pugni sugli occhi e vide quegli uccelli che chiamavano rüss che la maestra gli aveva insegnato chiamarsi beccofrusoni, deglutì a fatica prima di fare quella domanda che gli spezzava il respiro: «Nonno anche papà ritorna con i beccofrusoni?».
Nonno Matio non dette conto di aver sentito, e lasciò il ragazzo senza risposta.

Fuori la notte si fece più chiara, non nevicava più. Suoni di campane e canti nella lingua perduta seguivano l’andare del vento.
Poi uno stormire come di ali, uno scalpiccio discreto prima sulle scale poi nella stanza, un refolo, un riverbero. Silenzio.
«Accendi la luce Bastiano».
«Papà va via se la accendo?».
«No, non questa notte, questa è la notte di Natale, la notte dei miracoli».

Illustrazione a tecnica mista di Stefano Lovison

Andrea Nicolussi Golo

Andrea Nicolussi Golo

Responsabile dello sportello Linguistico della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri, collabora con l’Istituto Cimbro di Luserna/Lusérnar Kulturinstitut. Ha pubblicato il libro di racconti Guardiano di Stelle e di vacche (2010), e i due romanzi Diritto di Memoria (2014) e Di roccia di neve di piombo (2016), quest’ultimo finalista e segnalato ai Premi ITAS, Rigoni Stern e Leggimontagna. Nel 2011 è stato insignito del premio “Ostana scritture in lingua madre”. Ha vinto numerosi concorsi di poesia sia in lingua cimbra che in italiano e nel 2013, su autorizzazione Einaudi, ha dato alle stampe la traduzione in lingua cimbra del capolavoro di Mario Rigoni Stern Storia di Tönle. Nel 2016 ha pubblicato la traduzione in cimbro de "Il piccolo principe", nel 2018 la versione integrale di "Pinocchio" e nel 2021 "Il sergente nella neve". Per l’Istituto Cimbro di Luserna ha pubblicato varie favole per bambini.


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5 commenti:

  1. Sandra Scrimali Sandra Scrimali ha detto:

    molto bello, a me è piaciuto

    1. Andrea Andrea ha detto:

      Grazie. E buon Natale

  2. Daniela ha detto:

    Racconto dolce e illustrazione poetica. Vanni avrebbe apprezzato, gli sarebbero brillati gli occhi. Magari anche lui torna sulle sue Alpi in un uccellino dal petto rosso…

    1. Andrea Andrea ha detto:

      È stato scritto in quei giorni,. Incredulo e con la gola piena di sassi ho pensato che sarebbe venuto sicuramente qui a leggere il racconto di Natale. E si non mancherà siamo tutti piccoli uccellini con il petto rosso. Un abbraccio.

  3. כנסו לאתר ha detto:

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