Il mio primo 4000

testo e foto di Michele (Tita) Bertelle  / Feltre (BL)

01/12/2017
4 min

La prima volta su un quattromila è sempre un’esperienza particolare. Per me il primo quattromila è stato il Rosa, quando avevo 16 anni, insieme a mio papà abbiamo salito punta Gnifetti, ma non è proprio stata l’ascensione classica per quella cima.
Tanto per cominciare era settembre e proprio quella settimana avevano chiuso gli impianti, quindi, anziché raggiungere comodamente quota 3200 in funivia, io e mio padre abbiamo dovuto partire dai molto meno allettanti 1800 m di Gressoney.
Come se non bastasse erano già chiusi anche i rifugi, eccetto uno a quota 2200 m, dove abbiamo passato la notte, anche per avere la possibilità di mangiare qualcosa di caldo, almeno la prima sera.

La mattina seguente abbiamo iniziato l’interminabile salita verso i 4550 m di Capanna Margherita; la giornata prometteva bene, il sole splendeva sui ghiacciai del Lyskamm e della Piramide Vincent. Salivamo con costanza, passando per il Rifugio Mantova, 3400 m, e poi per il Rifugio Gnifetti, 3600 m, dove abbiamo deciso di lasciare parte del carico degli zaini per cercare di arrivare in vetta più velocemente e riuscire a ridiscendere in serata.
Tra il materiale lasciato c’era: sacco a pelo, gran parte del cibo e alcuni indumenti di ricambio. I problemi sono iniziati poco prima del passo del Lys; non avendo ben chiaro il percorso, abbiamo seguito la traccia che conduce alla Piramide Vincent, ma arrivati a quota 4100 m ci siamo resi conto che qualcosa non andava e mio padre ha preso la cartina dalla tasca esterna dello zaino per controllare la strada. Proprio nello stesso momento ci arrivava addosso una burrasca con vento freddo e neve, costringendoci ad un rapido cambio di abbigliamento.

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Siamo troppo brevi, siamo la storia delle foglie d’autunno eppure viviamo senza coscienza profonda: lasciamo vita dietro di noi.
Riflessi del gruppo del Rosa. I segni del vento.
Riflessi del gruppo del Rosa. I segni del vento.

Verso le 15:30 raggiungiamo la cima ma, per le brutte condizioni del tempo decidiamo di passare la notte nel bivacco di vetta. Non avevamo però né sacco a pelo né da mangiare, eccetto un solo pacchetto di crackers a testa! Certo non dimenticherò mai quella notte! Forse per le 7 coperte che quasi mi impedivano di respirare o per la febbre che mi era salita, credo a causa dei 2400 m di dislivello percorsi nelle ore precedenti o, ancora, per la bottiglia piena di neve che mi sono tenuto di fianco perché si sciogliesse per poter bere qualcosa.

Il mattino seguente, scesi al rifugio Gnifetti , dopo aver recuperato il materiale lasciato il giorno prima, ci siamo incamminati verso valle e la conclusione del nostro giro.
Ma la vera avventura doveva ancora iniziare! Arrivati nel pomeriggio al parcheggio, fu una frase a dire tutto:
“Non ci sono più le chiavi della macchina!”
“Come?”

Speravo di aver capito male, ma purtroppo non era così: l’estrazione della cartina, il primo giorno sulla Piramide di Vincent era stata fatale. Le chiavi, certamente, erano cadute lì.
Non avevamo altra scelta: non potevamo cambiarci e il viaggio di ritorno doveva iniziare in corriera (fino a Pont St. Martin) e proseguire in treno ( Pont St. Martin; Torino- Milano; Milano-Padova; Padova-Feltre).
All’inizio nulla di strano, ma più ci si allontanava dalle montagne, più il nostro abbigliamento da alta montagna destava sguardi a dir poco incuriositi da parte degli altri passeggeri, soprattutto nelle stazioni di Milano e Padova. Vedere tra la folla di pendolari che utilizza il treno per tornare dal lavoro o da scuola, due tizi stanchissimi, con giacche super-termiche, scarponi pesanti, zaini enormi e piccozze appese, non è certo cosa di tutti i giorni. Ci avranno preso per matti!

Finalmente, a notte fonda, siamo arrivati a casa, verso le montagne dove il nostro look di sicuro è molto meno strano.

Michele (Tita) Bertelle

Michele (Tita) Bertelle

Sono uno studente universitario appassionato di montagna e fotografia naturalistica.


Il mio blog | Nel mio blog pubblico le storie dei giri che mi hanno colpito di più per qualche motivo o di esperienze particolari che ho fatto in contatto con la natura.
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