E lo cerchiamo nella fretta che contraddistingue il susseguirsi dei nostri impegni, scanditi da ritmi incessanti. Ritmi che possiamo abbracciare oppure rinnegare, ma che in ogni caso segnano la nostra vita quotidiana. Siamo infatti portati a definire con approccio scientifico la realtà che ci circonda, dando nome, significato ed una misura a tutte le meraviglie della natura. Anche il tempo è un’entità misurabile e proprio per questo motivo cerchiamo di guadagnarne. Di solito pensiamo che la fretta ci permetta di guadagnare tempo. Anche se per certi aspetti della nostra vita può funzionare così, si tratta invece di un’illusione quando ci relazioniamo con la natura, che per definizione è paziente e riesce a concedere il giusto tempo ad ogni cosa. Quella stessa natura che ci sorprende in ogni angolo del mondo, e che ci piace apprezzare soprattutto camminando.
Camminare alla nostra velocità, naturalmente lenta
Chi ha fretta perde tempo… è un detto comune in Patagonia, terra sudamericana ai confini del mondo. La gente se la prende comoda e gli spostamenti richiedono tempo e molta pazienza. Le enormi distanze che caratterizzano la steppa patagonica la rendono una regione scarsamente popolata: circa due abitanti per ogni chilometro quadrato. Sembra un paradosso, quando proprio la fretta e la velocità negli spostamenti permetterebbe di colmare queste infinite distanze. Invece tutto procede alla sua velocità naturale, senza forzature. Per questo decidiamo di partire per il nostro viaggio in Patagonia con lo zaino in spalla, per camminare in quelle terre alla nostra velocità, naturalmente lenta.
Già di per sé il viaggio stesso, inteso come semplice trasferimento aereo verso la Patagonia, ci fa riscoprire il significato di fretta e tempo. Partiamo alla fine di dicembre con un volo intercontinentale che si divide tra Venezia, Roma, San Paolo, Santiago del Cile e Punta Arenas, nostra destinazione nel Cile meridionale. All’inizio di questo viaggio siamo spesso tentati di farci sopraffare dall’impazienza, soprattutto nelle lunghe ore di attesa trascorse sui pavimenti delle sale d’aspetto degli aeroporti. La fretta di giungere a destinazione per cominciare a camminare è tanta.
C’è qualcosa che non va, siamo troppo organizzati
Fin da subito ci accorgiamo che qualcosa non quadra: siamo troppo organizzati, il nostro viaggio è calcolato come somma di intervalli di tempo. Tempo che è fondamentale per camminare, scopo e fine ultimo del nostro viaggio. Si tratta del nostro primo vero viaggio di trekking e per questo abbiamo cercato di pianificare tutto con largo anticipo e nei minimi dettagli: dal tempo, agli spostamenti, al materiale tecnico da portare nello zaino. Ed è proprio lo zaino a farci riscoprire per primo il significato di fretta e tempo. Uno dei nostri due zaini infatti si perde nei meandri degli smistamenti automatici aeroportuali durante il nostro secondo scalo: non lo rivedremo più fino alla fine del nostro viaggio.
Lo zaino conteneva i nostri sacchi a pelo e la tenda, che avrebbero dovuto accompagnarci in un percorso di trekking tra laghi e cime granitiche di cui ci eravamo innamorati ancora prima di partire. Nella Patagonia cilena si trova infatti un parco meraviglioso, che sorge ai piedi delle Ande: il Parco Nazionale Torres del Paine. Arrivarci senza zaino non era sicuramente nei nostri programmi.