Racconto

TRAVERSATA IN SOLITARIA DEI MUGONI

Molte sono le persone che percorrono i sentieri facili e godono del panorama che gli sta di fronte, ma non comprenderanno mai l’ambiente alpino se non proveranno sulla loro pelle l’ansia di dover tornare a casa.

testo e foto di Alberto Ragogna  / Udine

La cresta che porta alla cima Sud dei Mugoni
05/12/2021
4,5 min
Anni fa rimasi affascinato dalle pareti di un gruppo montuoso negletto e isolato nel gruppo del Catinaccio.

Sembra strano pensare che vi possano essere cime poco frequentate all’interno di un gruppo montuoso così conosciuto, eppure anche nei luoghi più pubblicizzati delle Dolomiti si possono ancora vivere esperienze di totale solitudine.

Il sottogruppo in questione viene chiamato “I Mugogn” in ladino. Esso consiste nel susseguirsi di cinque cime, di cui le principali sono la Sud, quella Centrale e la Nord. Ai tempi in cui vidi quelle vette non frequentavo ancora assiduamente la montagna, e le mie escursioni consistevano nell’affrontare ferrate e percorsi segnalati con mio padre e mio zio, coloro i quali mi hanno iniziato all’ambiente montano fin da adolescente. Con il tempo acquistai fiducia nelle mie capacità e cominciai ad affrontare alcuni percorsi non troppo difficili da solo; l’esperienza mi avrebbe portato ad esplorare luoghi sempre più selvaggi e isolati, aiutandomi ad apprezzare il lato meno conosciuto delle montagne, quello dei pionieri dell’alpinismo, i quali si affidavano unicamente al loro intuito e le loro capacità di orientamento.

L’anno scorso ad agosto, decisi che fosse arrivato il momento di tentare la salita a quelle cime, grazie ad una relazione trovata nel libro di Andrea Gabrieli, pubblicato da Luca Visentini, dove erano descritte le vie normali di salita alle cime del Catinaccio. Fu così che mi svegliai presto per arrivare al passo di Costalunga verso le 5.30 del mattino, per cominciare la salita alle prime luci dell’alba. Percorsi facilmente tutto il sentiero che mi portò fino alla gran Busa de Vael, stupenda conca glaciale chiusa a settentrione dalle cime delle Coronelle e dei Mugoni. Da tale catino ghiaioso tentai di approcciare la prima cima della giornata, quella meridionale; all’inizio faticai a trovare la traccia, ma dopo pochi minuti riuscii ad individuare il primo di una serie di ometti di pietra che mi avrebbero guidato lungo la parete appoggiata che portava in cresta, affrontando passaggi su roccia tra il I e II grado.

Facili rocce al di sopra dell’intaglio tra la cresta della cima S dei Mugoni e la cima Principale (sullo sfondo a sinistra la cima delle Coronelle)
La Cima Principale dei Mugoni con le due vette alla stessa altezza (l'autore è salito su quella a sinistra)

Una volta arrivato alla cresta non fu difficile raggiungere l’ometto di vetta della cima Sud, concedendomi una breve pausa per ammirare il panorama sulla Roda de Vael. La salita alla cima meridionale del sottogruppo dei Mugogn fu semplice e la traccia non difficile da individuare. Finita la sosta, ripercorsi la cresta a ritroso, arrivando ben presto all’intaglio che separava la cima meridionale da quella principale. Dopo essermi calato su questa forcella angusta, risalii le rocce attorno al II grado che mi portarono brevemente in vetta. Da qui vidi un altro ometto posto sulla cima di un ulteriore pinnacolo roccioso di fronte a me, più o meno della stessa altezza: immaginai che quella che viene definita da Gabrieli “cima principale” in realtà fosse bifida e che avesse due cime gemelle, la cui seconda quota non raggiunsi a causa di un intaglio profondo tra le due. Fu in quel momento che il buon senso mi suggerì di tornare indietro, in quanto il percorso appena fatto era tutto sommato semplice e non difficile da individuare.

Ma qualcosa dentro di me mi spinse ad andare oltre, per cui continuai a calarmi nel versante opposto della cima, senza sapere cosa avrei potuto incontrare di fronte a me, inquietato dall’idea di trovarmi in totale solitudine in un ambiente così dannatamente isolato. La calata fu particolarmente difficile, non tanto per le difficoltà che incontrai in disarrampicata, quanto per la qualità della roccia e l’assenza totale di tracce umane in quei luoghi dimenticati da tutti. Non tutti gli appigli che saggiavo erano stabili, e alcuni pezzi di roccia si staccavano quando tentai di appoggiarmi sopra di essi. Cercando di seguire la linea di debolezza della parete, mi calai alla parte basale della cima appena raggiunta e continuai la mia traversata per arrivare ad un canalone che scendeva dalla forcella della Torre. Dopo averlo superato, mi ritrovai ad affrontare forse il passaggio di arrampicata più difficile della giornata, probabilmente sul III grado. Tale passaggio consisteva nell’arrampicare in traverso delle rocce al di sopra di una cengia per giungere su quest’ultima. Non potevo direttamente saltare sulla cengia, perché stava a circa due metri e mezzo dalla mia posizione, per cui dovetti affrontare il traverso in arrampicata, per fortuna su degli appoggi per i piedi stabili e sicuri.

La parete di roccia "marcia" che scende dalla cima principale dei Mugoni
Cima Principale dei Mugoni dalla cengia verso la parte centrale del massiccio

Una volta giunto alla cengia, fu facile continuare la traversata verso una parete appoggiata e ripiena di ghiaino. Qui decisi che ne avevo abbastanza per quella mattina, per cui mi calai direttamente puntando alla Busa de Vael; ben presto però mi accorsi che il mio percorso avrebbe portato ad un salto strapiombante non superabile. Fui quindi costretto a continuare la traversata verso la cima Nord, risalendo le rocce appena percorse e successivamente attraversando un canalino ghiaioso tra la parte centrale dei Mugoni e la cima Nord. Da qui in poi l’orientamento e l’arrampicata non furono difficili, e pur in assenza di tracce umane, fu facile raggiungere la vetta settentrionale dei Mugogn. Il cielo nuvoloso del mattino si aprì e potei godere del panorama verso il Catinaccio da un punto di osservazione inusuale. Scendere dalla cima fu facile, saltando sulle rocce verso il catino glaciale della Gran Busa de Vael.

Una volta arrivato, tirai un sospiro di sollievo, poiché consapevole che le difficoltà erano finite. Camminai tranquillamente verso il rifugio Roda de Vael, godendomi il panorama verso le Dolomiti e le cime appena attraversate, non pienamente conscio di quanto avevo appena affrontato. Solo a quel punto, non più in ansia per la discesa dalla cima, il mio animo irrequieto poté godere della bellezza di quei luoghi magici. Più cime affronto e più mi accorgo che l’ambiente alpino può essere ammirato in totale serenità solamente dalle vallate. Allora perché sento il bisogno di salire a tutti i costi queste cime, se poi sono costretto a fuggire velocemente verso valle per paura di rischiare la vita ad ogni passaggio?

Molte sono le persone che percorrono i sentieri facili e godono del panorama che gli si staglia di fronte; ma forse loro non comprenderanno mai l’ambiente alpino se non proveranno sulla loro pelle l’ansia di dover tornare a casa interi. La gente comune è cieca di fronte alle vette mute che sorvegliano le verdi vallate, ma i cui canaloni franosi e le rocce rotte, plasmate nei millenni dagli agenti atmosferici, raccontano la storia di coloro i quali hanno osato raggiungerne le cime, provando profondo rispetto per il Creato.

Forcella della Torre con la Torre dei Mugoni sullo sfondo
Le due quote della cima principale dei Mugoni dopo l’attraversamento del canalino che scende dalla forcella della Torre (l'autore è salito su quella di destra)
Panoramica sulla Cima Catinaccio dalla cima N dei Mugoni. A destra il Catinaccio d’Antermoia e a sinistra l’altopiano dell’Alpe dello Sciliar.
Alberto Ragogna

Alberto Ragogna

Vivo a Udine e da una decina d'anni ho coltivato in modo sempre più approfondito la mia passione per la montagna, un interesse che ho sempre avuto dentro di me, ma che prima del 2014 era ancora sopito. Amo andare alla ricerca di percorsi poco battuti, dove la natura si manifesta in modo assoluto.


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2 commenti:

  1. Francesco ha detto:

    Grande Alberto. Descrizione completa e appassionata. Si percepisce l’ amore ed il rispetto per la montagna condito con ottimo senso dell’ orientamento ed un pizzico di spregiudicatezza giovanile.

  2. Andrea ha detto:

    Complimenti per l’ardita traversata e per la tua relazione, dalla quale emergono le forti emozioni che riesci a trasmettere e soprattutto il tuo grande amore per la montagna. Bravo Alberto! Non vedo l’ora di scalare ancora insieme.

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