Ci abbeveriamo ad una specie di sorgente che fuoriesce dalla terra, mangiamo qualcosa e ci avviamo verso quella che dovrebbe essere l’ultima salita della giornata.
Poche centinaia di metri che mi sembrano un’impresa titanica.
Tutto il mio peso è riverso sui bastoncini e con una lentezza da bradipo raggiungo il culmine. Sotto di noi lo spettacolo che va presentandosi è totale. Mi abbandono a terra spossato, mi tolgo gli scarponi e chiudo gli occhi.
Lascio che il cuore ritrovi il suo naturale ritmo. Passano minuti che sembrano un’eternità. Dieci, venti. E’ trascorsa mezz’ora. Proviamo a ripartire, da qui ci aspetta una discesa come poche ho visto in vita mia. La disidratazione indurisce le gambe e rende ogni movimento innaturale, doloroso. In pochi e fugaci attimi di lucidità il paesaggio si fa strada attraverso la vista.
E’ difficile riuscire a definire i contorni della maestosità che si srotola ai nostri piedi. Guardiamo attoniti verso il basso rinfrescati dal vento della sera che risale la valle. Non c’è gioia. c’è solo vuoto nei nostri pensieri.
La stato di prostrazione nel quale ci troviamo offusca l’intero trascorso della giornata.
Veramente abbiamo salito la balena bianca?
Le foto lo dimostrano ma dentro di me ho già archiviato questa esperienza nel cassetto delle grandi sofferenze. E’ un cassetto che raramente apro e nel quale so esserci conservati i ricordi più dolorosi della mia vita. Ricordi legati inesorabilmente alla montagna.
Guardo questo larice prematuramente ingiallito cercando di immaginarmi da qui ad un mese come sarò questa valle. Non ho risposte. Lascio che i piedi seguano il sentiero in un turbinio confuso di pensieri.
Siamo quasi a fondo valle, la giornata volge al termine ed il sole ha lasciato spazio alle ombre della sera. Ancora qualche centinaio di metri e questo calvario sarà terminato.
Dentro di me solo un grande vuoto e la consapevolezza di aver portato a termine quanto prefissato.
Con le gambe sotto ad un tavolo di una malga e lo sguardo vacuo sopra un piatto di polenta fumante, lascio vagare i pensieri cercando di trovare quei ricordi che nel corso degli anni ho accumulato dalla lettura di tante imprese alpinistiche. Oggi non ho compiuto nulla di eccezionale agli occhi dei più, ma rimarrà per sempre eccezionale per me. Mi chiedo quindi se questa sensazione di vuoto sia la stessa di chi, tornato da una grande impresa magari sacrificando qualcosa di ben più tangibile che un po’ di stanchezza, si ritrovava poi a tirare le somme di quanto portato a termine.
Cerco di capire perché ho voluto salire questo monte nonostante siano anni non sento più la necessità di avventurarmi in azioni del genere. Era veramente così importante patire tutta questa sofferenza? Mi guardo dentro e tutto provo tranne la felicità di aver concluso positivamente un intento.
Forse la grande verità è che l’avventura nasce prima di tutto dentro ognuno di noi. Poco importa se ogni centimetro di questo pianeta è già stato esplorato, l’importante è trovare una propria dimensione di avventura, perché l’inesplorato è dietro casa.
Oggi porto a casa questo. Un’avventura, un ricordo, una fotografia.
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foto:
1. La Grande Balena Bianca in tutta la sua maestosità.
2. Tripudio dolomitico scendendo dalla Grande Balena Bianca.
3. panorama dalla vetta della Grande Balena Bianca.