Racconto

Frontiera

testo e foto di Gabriele Gallo  / Mondovì (CN)

Verso il Rifugio Migliorero (Valle Stura di Demonte, CN)
27/12/2018
5 min
logo blogger contest2018_ita_senza feccia
Mastico un freddo di prima estate che mi penetra nelle ossa, sputo il dolore che per troppo tempo mi ha imprigionato la testa e le gambe.

Faccio fatica a risalire quella rampa resa lucida e scivolosa da una rugiada inattesa. Procedo un passo dopo l’altro, calpestando steli d’erba ancora sonnolenti.

I battiti mi riecheggiano dentro, quasi volessero dialogare con la mia testa e le mie orecchie. Dovrei rallentare, forse, ma non riesco. Accelero per qualche metro lungo un traversone particolarmente ripido, poi d’improvviso asfissia, male alla testa, nausea. Passano trenta secondi e vedo solo più buio. Mi fermo e mi inginocchio, controvoglia. Sulla schiena sudata il respiro del vento, ora schiaffi, ora carezze. Qualche conato e sul terreno le tracce del mio malessere. Sofferenze, ricordi, rimpianti. Dopo un paio di minuti riparto, stavolta con più calma. Inspiro e lo sguardo corre da un versante all’altro. Espiro e la testa si alleggerisce dopo aver cacciato fuori dalla memoria le impronte di quei sentieri neri. Momenti bui per l’animo umano, bassifondi di solidarietà impensabili.

Mi chiedeva aiuto per raggiungere i suoi familiari oltre la frontiera. Poco dopo arrivarono anche la donna e il bambino, le cui lacrime si erano prosciugate per quell’aridità di sentimenti e di umanità.

Cominciava a far freddo e stavo ritornando a valle dopo l’ennesima escursione autunnale. Le intravidi da lontano nonostante la nebbia imminente. Tre sagome che camminavano a fatica, verso di me e verso il confine, lungo il ciglio della strada. Continuai a scendere finché non ci trovammo a pochi metri di distanza. L’uomo accelerò il passo e mi venne incontro. Pareva agitato, preoccupato, impaurito. Si buttò ai miei piedi senza proferire parola. Gli occhi parlavano per lui. Mi bisbigliò poi qualcosa con un filo di voce, in un impasto tra francese, inglese e italiano. Mi chiedeva aiuto per raggiungere i suoi familiari oltre la frontiera. Poco dopo arrivarono anche la donna e il bambino, le cui lacrime si erano prosciugate per quell’aridità di sentimenti e di umanità. Non avevo idea di cosa fare. Mi guardai intorno. Nessuna macchina, nessun rumore, solo l’eco della sera che si stava avvicinando. Fissai i loro occhi, ormai svuotati di speranza e di dignità. Non potevo andare fino al paese, ma decisi comunque di accompagnarli oltre il colle fino alla vecchia casetta del guardiacaccia. Lì, almeno, avrebbero passato la notte al riparo, poi al mattino avrebbero tentato di proseguire. Feci allora cenno ai tre di seguirmi, mi voltai e ripartii in direzione della frontiera. Il sentiero risaliva il versante prima di tuffarsi in un fitto lariceto e trasformarsi in un’agevole carrareccia. Velocizzai il passo per allontanarmi il prima possibile dalla statale e i tre mi seguirono in silenzio, come anestetizzati. La luce calava poco alla volta e quel sentiero mi pareva sempre più buio, sempre più nero, sempre più ostico. Risalito il versante, superammo un falsopiano ed entrammo finalmente nel bosco.

In pochi secondi mi furono addosso con i manganelli e con le armi. Prima di andare in ospedale, dieci ore di interrogatorio, di minacce, di insulti.

Mi sentivo più tranquillo, più sereno, convinto soprattutto di essere nel giusto. D’improvviso però, dietro un tornante, quelle quattro sagome. Un flash, un istante, uno scambio di sguardi. Capii subito e loro, altrettanto rapidamente, fraintesero. Mi fiondai giù per il pendio inseguito dalle urla e dalle minacce. Cento metri, forse meno, finché la caviglia non mi rimase incastrata in una piccola fossa. Il mio dolore si sovrappose alla loro rabbia. In pochi secondi mi furono addosso con i manganelli e con le armi. Prima di andare in ospedale, dieci ore di interrogatorio, di minacce, di insulti. E poi due settimane di prigione da innocente, finché tutto non si risolse ovviamente senza scuse.

Diversi mesi per guarire nel fisico e nella mente. Per interiorizzare quei sentieri neri che mi avevano visto protagonista di un cortocircuito sociale. Ed ora eccomi qui, di nuovo su una sterrata che punta alla testata della valle. Ai lati prati, abeti e ancora larici, che stavolta riesco però a raggiungere con la mente leggera.

Il sole ormai alto rende il cielo di un azzurro vivo. La luce si diffonde nella vallata, ma qua e là resistono comunque ombre più o meno lunghe che si muovono e si deformano. Sotto il loro abbraccio il terreno si scurisce e i sentieri tornano ad essere meno nitidi e più neri. Dopotutto là dietro c’è un’altra frontiera da attraversare, ma non adesso. Oggi mi fermo qui, in controluce sotto lo sguardo vigile del rifugio, ad ascoltare il respiro del mondo e a fissare l’acqua che scorre, nonostante tutto.

  • Lariceto in direzione del Rifugio del Laus (Valle Stura di Demonte, CN)
  • Risalendo il Vallone del Piz (Valle Stura di Demonte, CN)
Gabriele Gallo

Gabriele Gallo

Sono un giornalista della provincia di Cuneo che si immerge nelle viscere più profonde di un territorio cercando di carpirne i segreti e le distorsioni, i respiri e i rimpianti. La scrittura è ad oggi il mio unico mezzo per trasmettere agli altri ciò che vedo e ciò che sento.


Il mio blog | Ritengo Altitudini.it lo spazio migliore e più qualificato dove potermi esprimere. Una piazza aperta ed eterogeneo dove poter condividere storie, emozioni e passioni.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

C’è un momento, giusto un attimo, in cui ti rendi conto che manca solo... C’è un momento, giusto un attimo, in cui ti rendi conto che manca solo un passo per raggiungere la vetta. Un singolo movimento di gamba...

Questa non è una storia di conquiste. Né di scelte vittoriose. Non ha neppure... Questa non è una storia di conquiste. Né di scelte vittoriose. Non ha neppure una fine e probabilmente è un non classificabile, come quando...

La Translagorai in autonomia e senza lasciare traccia. E’ il messaggio di Leonardo ed... La Translagorai in autonomia e senza lasciare traccia. E’ il messaggio di Leonardo ed Elisa che dicono che è possibile muoversi rispettando la vocazione...

Della Dottoressa Pat, dell’equipe di soccorso e della sua ambulanza. Se qualcuno immagina che nei paesi... Della Dottoressa Pat, dell’equipe di soccorso e della sua ambulanza. Se qualcuno immagina che nei paesi di montagna prestare soccorso a poveri malcapitati possa avvenire, come...

Per un paio di anni siamo stati i più giovani ragazzi di Venezia a... Per un paio di anni siamo stati i più giovani ragazzi di Venezia a praticare lo sci con le pelli di foca. Anche adesso...

Franco Miotto ci ha lasciato il 7 ottobre all’età di 88 anni. Con le... Franco Miotto ci ha lasciato il 7 ottobre all’età di 88 anni. Con le sue ascensioni, spesso in cordata con Riccardo Bee, ha segnato...

Mi ricordo poco dei miei primi anni; ero ancora in braccio a mia madre... Mi ricordo poco dei miei primi anni; ero ancora in braccio a mia madre quando, tornando verso casa, ella inciampò in una granata quasi...

Scegliamo coscientemente di non dare alla luce una nuova vita. Scegliamo invece di dare nuova... Scegliamo coscientemente di non dare alla luce una nuova vita. Scegliamo invece di dare nuova luce ad una vita. ...

RACCONTO DI AVVENTURE IPOGEE NON CONSISTENTI E ONIRICAMENTE NECESSARIE ... RACCONTO DI AVVENTURE IPOGEE NON CONSISTENTI E ONIRICAMENTE NECESSARIE ...

Leggere “Ski de Printemps” (Sci di primavera), il libro di Jacques Dieterlin pubblicato nel... Leggere “Ski de Printemps” (Sci di primavera), il libro di Jacques Dieterlin pubblicato nel 1937 e tradotto in italiano da Edizioni del Gran Sasso,...