Racconto

#53
STANNO TORNANDO

Una sera di inizio luglio dell’anno 2321 in una vecchia casa di pescatori nel fiordo di Ultima Speranza, Norvegia settentrionale.

Testo di Andrea Pasqualotto / St.Gallen (Svizzera) - Foto di Luigi Lelli / Cesena

Fiordo di Ultima Speranza (foto Luigi Lelli)
23/01/2022
8 min
Marco_Rossignoli_014

Stanno tornando

di Andrea Pasqualotto

ATTO 1
Scena 1 – Una sera di inizio luglio dell’anno 2321 in una vecchia casa di pescatori nel fiordo di Ultima Speranza, Norvegia settentrionale.

«Ora, di grazia, vuoi spiegarci finalmente perché ci hai condotti in gran segreto fin quassù?» esordì Axel.

«Ma come parli? Non siamo mica nel diciannovesimo secolo!» ridacchiò Grauben.

«Lascia perdere… quindi, Otto?» ribadì stizzito Axel.

Otto, senza proferire parola, estrasse da una busta un piccolo taccuino di pelle marrone, afferrò un sottile nastro rosso che fungeva da segnalibro e distese lentamente al centro del tavolo le pagine, attirando gli sguardi sulla scrittura fitta e minuta che occupava tutto lo spazio disponibile.

«Cos’è?» chiese incuriosita Grauben.

«Un diario di viaggio» rispose Otto.

«Un diario di viaggio di chi?» incalzò Grauben.

«Un diario di viaggio di un giovane studente di geologia di Amburgo, che visitò queste regioni cinque anni fa e che descrisse minuziosamente tutto quello che osservò» precisò Otto.

«E come mai quel diario è in tuo possesso?» chiese distrattamente Axel.

«Perché quel giovane studente era mio fratello. Dopo l’incidente in montagna in cui perse la vita mi sono messo a curiosare tra le sue cose e, mentre sfogliavo le pagine di questo taccuino, la mia attenzione è stata attirata da una parola. Hans non fu più lo stesso dopo quell’estate trascorsa in solitaria tra i fiordi della Norvegia, iniziò a pianificare viaggi su ogni catena montuosa del mondo, soprattutto le più sconosciute, era ossessionato dai luoghi più remoti, meglio ancora se non avevano un nome e se non esistevano mappe dettagliate.» Otto ora era infervorato.
«E quale sarebbe questa parola?». Axel, sorpreso più dal tono che dal contenuto della risposta, fissò negli occhi l’amico.

«Ghiacciaio, Hans aveva trovato un ghiacciaio».

Le parole di Otto colpirono come pietre tutti i presenti intorno al tavolo. Per qualche istante si sentì solo il rumore delle onde che si frangevano sulla spiaggia bianca, brillante nella luce radente del pomeriggio, oltre il vetro sporco della vecchia palafitta. Uno spiffero gelido che sembrava provenire direttamente dal passato mosse per un istante le pagine del taccuino, o almeno questo parve ad Axel.

«Non è possibile!» scosse la testa decisa Grauben stringendosi al contempo nelle spalle percorse da un brivido. «Non credi si riferisse alle tracce di un ghiacciaio? Magari le morene, o le striature sulle rocce, o semplicemente la forma della valle…».

«No, Hans parla di ghiaccio vero, di una massa enorme, grigia e piena di detriti, un vero ghiacciaio, come quelli che si vedono nei libri», ribadì Otto.

«L’ultimo ghiacciaio documentato è scomparso oltre un secolo fa in Antartide, e non nevica da almeno 50 anni, e vuoi dirmi che quassù, tra le montagne della Norvegia, sarebbe rimasto l’ultimo ghiacciaio sulla Terra?» chiese Axel con un sorriso sarcastico.

«Non l’ultimo rimasto, no, questo sarebbe il primo di una nuova era. Hans ne era sicuro, i ghiacciai si stanno riformando, e io… noi abbiamo il dovere di verificare la scoperta di mio fratello. Ecco il motivo per cui vi ho condotti fin quassù».

Grauben e Axel si guardarono sgomenti. Il solo pensiero che si stessero ripresentando le condizioni per il ritorno dei ghiacciai li terrorizzava.

“L’ultimo ghiacciaio documentato è scomparso oltre un secolo fa in Antartide, e non nevica da almeno 50 anni.“

Lago Acque Amare (foto Luigi Lelli)

ATTO 2
Scena 1 – Un pomeriggio di fine agosto dell’anno 2321 sulle rive del lago Acque Amare, Norvegia settentrionale.

«Ah! Eccoti qua finalmente! Vieni, dobbiamo scendere». Grauben scorse nella nebbia la giacca gialla di Otto che sedeva in silenzio in contemplazione delle acque azzurre del lago. «Otto! Otto… stai bene?».

«Sì, scusa Grauben, stavo pensando che forse l’anno prossimo potremmo tornare e continuare un po’ più a Nord, forse Hans ha confuso i nomi dei fiordi e…».

«Otto, abbiamo seguito alla lettera i diari di tuo fratello, che erano molto precisi del resto, e per scrupolo abbiamo anche esplorato le valli vicine. Ora conosciamo questa regione meglio delle renne, quel ghiacciaio non c’è…avremmo visto un ghiacciaio, non credi?»

«Sì… credo di sì, ma non riesco a capire perché Hans avrebbe dovuto inventarselo».

«Non lo so Otto, non lo so. Forse ne era così ossessionato che ha iniziato a lavorare di fantasia, o forse lo ha sognato così vividamente da credere veramente di aver fatto quell’escursione e di aver raggiunto un ghiacciaio».

«Sì ma, quella sua ossessione al suo ritorno?».

Grauben si sedette accanto ad Otto e lo guardò dritto negli occhi.

«Forse era proprio la consapevolezza inconscia che quel ghiacciaio non esistesse a trascinarlo nella sua ossessione. Ha trascorso il resto della sua breve vita a cercare qualcosa che sapeva non esistere più da molti anni. In fin dei conti quel diario di viaggio lo ha nascosto, non ha annunciato a nessuno la sua scoperta, sarebbe diventato famoso, perché fare finta di niente?».

«Sì, forse hai ragione».

«Non abbatterti Otto, è stata comunque una bellissima estate, abbiamo fatto un sacco di escursioni, abbiamo vissuto all’aria aperta, è stato incredibile inseguire il sogno di tuo fratello quassù, noi tre. Alla ricerca del ghiacciaio perduto, ricorda molto quei film che andavano di moda alla fine del millennio scorso».

«Ooooh, oooh, dai! Qui si fa notte e abbiamo già smontato il campo, scendiamo, sono già in fissa con le birre che mi avete promesso stasera al pub». Axel spuntò tra le rocce e li richiamò fingendosi scocciato.

Aveva già un po’ di nostalgia di quell’avventura. Lui al ghiacciaio non aveva mai creduto del tutto, figuriamoci, e poi magari anche un mondo perduto dove sopravvivono i dinosauri. Ma l’idea di quell’esplorazione lo aveva fatto sentire per un’estate intera il protagonista di un libro di avventure. Attese impaziente che i due amici lo raggiungessero con un occhio alla nebbia che già lambiva le rive del lago, caricò loro sulle spalle i pesanti zaini, assestando al contempo una sonora pacca di incoraggiamento, ed insieme iniziarono la discesa.

ATTO 3
Scena 1 – Poco più tardi sul promontorio sovrastante il porto di Sollievo, Norvegia settentrionale

«Lo senti?» chiese Axel.

«Cosa?» chiese sospettosa Grauben.

«Il profumo della birra alla spina naturalmente» sentenziò Axel.

«Sei proprio scemo» rispose Grauben con un sorriso.

Si fermarono sul ciglio del promontorio, in pochi minuti avrebbero raggiunto il paese e si sarebbero concessi una vera serata nella civiltà dopo tante settimane di avventura. Doccia, cena al ristorante, notte al pub e un letto vero, questo era il piano. Il giorno dopo sarebbero tornati a casa, e bisognava annegare la malinconia che già era salita come una marea oltre il livello di guardia.

«Ma ci pensate?» chiese Otto, rompendo il silenzio struggente che si era creato di fronte a quel panorama meraviglioso, e che li stava avvolgendo come le nuvole scure provenienti dall’oceano.
Le luci del lungo crepuscolo nordico sul grande fiordo si stavano affievolendo, lasciando il posto alle luci del paese che aumentavano d’intensità e dipingevano strisce di luce lungo le coste.

«Ci pensate a cosa vorrebbe dire il ritorno dei ghiacciai sulla Terra?».

«Sì, sarebbe tremendo» rispose Axel. «Il livello del mare che si abbasserebbe inesorabilmente lasciando a secco i porti ed i canali, le rotte marittime artiche impraticabili per molti mesi all’anno, interi fondovalle invasi dalle acque del disgelo ad ogni primavera, col rischio del collasso dei bacini idrici che alimentano tutti gli acquedotti. Sarebbe una catastrofe, dovremmo riadattare tutte le nostre infrastrutture».

«Interi ecosistemi scomparirebbero dalle montagne travolti dal ghiaccio» ribadì Grauben, «la vegetazione non farebbe in tempo ad adattarsi e scomparirebbe una volta raggiunto il fondovalle, anche gli animali dovrebbero rifugiarsi a bassa quota occupando nicchie ecologiche di altre specie».

«Intere regioni ora densamente abitate, come la Groenlandia, tornerebbero inabitabili come qualche secolo fa, e come potrebbe sopravvivere l’umanità senza i pascoli e gli allevamenti dell’Antartide?» proseguì Axel.

Per fortuna tutto questo non si sarebbe verificato, almeno non nei prossimi decenni. Loro non sarebbero stati i testimoni di un evento epocale che avrebbe sconvolto l’intera umanità, conclusero i tre amici, che scesero cauti verso il paese, lungo il sentiero ormai immerso nell’oscurità.

“Interi ecosistemi scomparirebbero dalle montagne travolti dal ghiaccio, la vegetazione non farebbe in tempo ad adattarsi e scomparirebbe una volta raggiunto il fondovalle.“

Porto di Sollievo (foto Luigi Lelli)

Ghiacciaio di Utopia (foto Luigi Lelli)

ATTO 4
Scena 1 – Una mattina di fine luglio dell’anno 2318 di fronte al ghiacciaio di Utopia, in un punto imprecisato tra le montagne della Norvegia settentrionale.

Hans era sbalordito, non riusciva a capacitarsi di quello che stava osservando. Continuava a camminare lungo la riva della laguna glaciale, scattando foto e cogliendo continuamente dettagli diversi dello spettacolo che aveva di fronte. Un ghiacciaio! Un vero ghiacciaio! Nessuno sulla Terra ne aveva mai visto uno, l’ultimo relitto glaciale era scomparso oltre un secolo prima, e rimanevano solo quelle bellissime immagini su cui si era consumato gli occhi sin dall’infanzia. Ma come… eppure… non poteva che esserci un’unica spiegazione. Un complesso fenomeno di circolazione atmosferica accumulava continuamente nuvole in fondo a quella valle, contribuendo a nascondere ai satelliti da molti decenni il luogo. Le temperature medie, che negli ultimi anni avevano ripreso ad abbassarsi dopo oltre 500 anni di incremento, avevano favorito la condensazione di quell’umidità in… neve… sì, vera neve circoscritta solo a quella valle. Così, anni di accumulo avevano dato origine ad un ghiacciaio. Il primo, forse, di una lunga serie. Era una notizia straordinaria, ora che aveva le prove doveva comunicarla al mondo intero.

Eppure, in una parte della sua testa una vocina lo stava mettendo in guardia.

«Sei sicuro?».

«Sicuro di cosa? Di quello che vedo oltre questa laguna? E che altro potrebbe essere?».

«No, sicuro di quello che vuoi fare ora».

«Cosa dovrei fare? Nessun dubbio, devo correre a rivelare questa meraviglia!».

«E cosa pensi succederà una volta che avrai messo il mondo a conoscenza della tua scoperta?».

«Che tutti vorranno vedere, studiare, capire, è una scoperta scientifica straordinaria ed una svolta per l’intera umanità!».

«Appunto, tutti verranno qui. E che ne sarà del tuo ghiacciaio?».

«Verrà distrutto, fatto a pezzi, calpestato, sporcato, inzozzato».

Hans decise che non doveva permetterlo. Qualcun altro lo avrebbe scoperto, certamente, il segreto non poteva rimanere tale a lungo, ma lui non voleva diventare il responsabile della sciagura. Avrebbe cancellato le fotografie e conservato solo una descrizione nel suo diario di viaggio, per sicurezza, per poterlo ritrovare in futuro, cambiando i nomi delle montagne circostanti, nell’eventualità che qualcuno leggesse il suo diario. Sì, doveva nascondere ancora per un po’ quella scoperta, almeno il tempo necessario per trovarne degli altri, non potevano non essercene altri. Doveva studiare le particolari condizioni in cui si era formato e confrontarle con altre valli della Terra. Una volta che ne avesse trovati altri, solo allora avrebbe rivelato la notizia, così che le attenzioni morbose degli scienziati, e soprattutto della gente comune, si sarebbero distribuite su più siti. Questo, forse, li avrebbe salvati dagli avvoltoi. Hans si guardò intorno circospetto, consapevole del peso di quella scoperta, e della sua decisione. Poi, una volta terminata la descrizione camuffata del ghiacciaio, cancellò tutte le immagini e si incamminò verso valle. Stanno tornando, pensò, faticando a tenere a freno l’emozione. I ghiacciai stanno tornando.

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Andrea Pasqualotto

Andrea Pasqualotto

Sono nato ai piedi delle Dolomiti, dove ho iniziato sin da quando ho memoria a frequentare le montagne. La passione per la natura e per le tematiche ambientali mi ha portato prima a laurearmi in Scienze Ambientali a Venezia, e quindi a lavorare come Guida Ambientale Escursionistica. Amo raccontare alle persone le meraviglie della natura e le storie che narrano i luoghi che conosco. Quando le Dolomiti hanno iniziato a starmi un po' strette ho allargato gli orizzonti camminando tra le montagne e le aree naturali di altri continenti, dall'Islanda alla Patagonia, dalla Grecia all'India. Camminare lungo sentieri vecchi di secoli, leggere di viaggi e natura, scrivere di luoghi lontani, sono le cose a cui non rinuncerei mai e, per fortuna, ora occupano buona parte del mio tempo.


Il mio blog | altitudini.it è la mia rivista digitale. Frequento Altitudini.it sin dalla sua nascita. L'ho vista crescere ed evolversi come spazio comune in cui condividere storie, opinioni ed esperienze. Mi piace dare il mio piccolo contributo a questa famiglia.
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2 commenti:

  1. Marco Rossignoli Marco Rossignoli ha detto:

    Bel racconto, anche per le piccole cose che si leggono tra le righe. Ottime foto.

    1. Andrea Pasqualotto Andrea Pasqualotto ha detto:

      Ciao Marco, grazie! Le foto sono dell’amico fotografo Luigi Lelli..l’idea del racconto è nato da un nostro viaggio in quelle terre meravigliose.

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