Racconto

#64
DESIDERIO

Ne aveva sentito parlare fin da quando era bambino, dagli anziani del villaggio e dai suoi nonni, e il sogno di trovarla non lo aveva mai abbandonato.

testo di Valeria Galbiati  / Milano

“La nonna gli aveva narrato più volte la storia della stella alpina azzurra che, se sniffata, avrebbe donato l’immortalità, ogni volta aggiungendo qualche dettaglio che veniva regolarmente smentito dal nonno.”
26/01/2022
9 min
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Desiderio

di Valeria Galbiati

Ne aveva sentito parlare fin da quando era bambino, dagli anziani del villaggio e dai suoi nonni, e il sogno di trovarla non lo aveva mai abbandonato. Adesso che stava per compiere diciassette anni e si sentiva preparato in modo adeguato, sia con la testa che con il fisico, finalmente aveva deciso di partire per la “grande avventura” in solitaria.

La nonna gli aveva narrato più volte la storia della stella alpina azzurra che, se annusata, avrebbe donato l’immortalità, ogni volta aggiungendo qualche dettaglio che veniva regolarmente smentito dal nonno. Il padre di suo padre aveva la propria versione – anzi le proprie, poiché i suoi racconti cambiavano col tempo – e finiva sempre per battibeccare con la moglie con la quale non era mai d’accordo su come realmente erano andate le cose. Anche gli altri anziani raccontavano storie differenti e spesso in contraddizione le une con le altre e non era infrequente che, quando veniva fuori l’argomento, una normale chiacchierata si tramutasse in un’accesa discussione.

La verità è che nessuno aveva mai visto coloro che si erano inebriati dell’effluvio del fiore portentoso – per alcuni, sei uomini vissuti seicento anni prima nella regione del Machichiua, per la nonna una decina, fra uomini e donne, nati all’incirca un secolo avanti, per il nonno solamente una coppia di fratelli che il suo quadrisavolo giurava di aver conosciuto personalmente – e che non c’era nemmeno una testimonianza scritta di quanto fosse accaduto. Come spesso accade nei villaggi, la vicenda era stata tramandata di bocca in bocca per generazioni, trasformandosi a tal punto che l’unico elemento rimasto immutato nella storia era che, su qualche vetta impervia della catena del Kalalimba, crescessero delle rarissime stelle alpine di colore azzurro il cui profumo rendeva immortali.

Il giorno stesso del suo compleanno, noncurante del pianto materno e delle imprecazioni del padre che giudicava quell’impresa troppo pericolosa, Alesh partì. Era un mattino più freddo e luminoso del solito e il cielo era talmente celeste da ferire gli occhi; il ragazzo si sentiva eccitato come non mai e aveva la sensazione che la sua esistenza non fosse stata che un pallido preludio alla vita vera, che cominciava in quella gelida alba del 27 aprile. Stranamente, il pensiero di essere in marcia verso una meta così ambiziosa come l’immortalità lo emozionava meno dell’idea di aver intrapreso il percorso che attendeva da sempre, come se, caricandosi di tutto il coraggio che, anno dopo anno, si era andato formando nel suo petto e muovendo i primi passi sul sentiero, avesse già raggiunto un importante traguardo.

Avanzò per quattro ore abbondanti senza quasi avvertire il peso dello zaino sulle sue spalle, esili ma forti: la strada era in salita ma non particolarmente faticosa e, soprattutto, l’euforia gli metteva le ali ai piedi. Continuava a osservare avidamente gli alberi e le piante per riempirsi gli occhi e il cuore di tutta quella bellezza da immagazzinare per l’avvenire, entusiasta come fosse la prima volta che ne godeva ma anche con la bizzarra sensazione – di pungente malinconia – che non gli sarebbe stata mai più concessa.  La tristezza era però solo una sottile crepa in una robusta corazza di felicità, resa ancora più solida dal senso di protezione che gli procuravano le conifere maestose e i rododendri fucsia che lo scortavano benigni.

“Continuava a osservare avidamente gli alberi e le piante per riempirsi gli occhi e il cuore di tutta quella bellezza da immagazzinare per l’avvenire“

“Iniziava ad avvertirsi stranamente solo e piccolo, un insetto microscopico di fronte alle cime monumentali che lo accerchiavano come nemici pronti ad attaccarlo…”

A un certo punto, però, la vegetazione iniziò a scemare lasciando spazio a imponenti rocce nerastre fra le quali spuntavano ciuffetti striminziti di erba. Anche la luce era diminuita e il cielo, da ceruleo, aveva assunto la stessa tonalità cupa delle pietre. Ogni tanto nell’aria il ragazzo udiva risuonare qualche strano e inquietante verso, forse di uccello, che alle sue orecchie pareva quasi un minaccioso avvertimento: con il brusco cambiamento dello scenario naturale, anche il suo umore era mutato repentinamente ed un sottile malessere aveva preso il posto della gaiezza. Iniziava ad avvertirsi stranamente solo e piccolo, un insetto microscopico di fronte alle cime monumentali che lo accerchiavano come nemici pronti ad attaccarlo, inoltre la carenza di ossigeno gli causava un affanno insopportabile. O forse era l’ansia a togliergli il fiato?

Alesh non capiva cosa gli stesse capitando. Era vissuto sempre ad alta quota, addirittura non conosceva ambiente differente da quello montano ed era abituato fin da piccolo ad attraversare luoghi impervi e solitari. La roccia, poi, gli era sempre stata amica, pronta ad accogliere i suoi abbracci e a sostenerlo fin da quando, ancora cucciolo d’uomo, suo padre lo portava ad arrampicarsi sul Giglagash.

Continuò a camminare per altre due ore, cercando di concentrarsi non sul proprio stato d’animo bensì sul respiro, come insegnava il Buddha. Era la prima volta che metteva in pratica un insegnamento del Maestro; benché la sua famiglia (come del resto tutti gli abitanti del villaggio) fosse buddhista, Alesh non aveva mai seguito i precetti di questa dottrina e anzi considerava la meditazione e le pratiche buddhiste “attività da vecchi che non sanno come ammazzare il tempo”. Lui preferiva di gran lunga scorrazzare per le montagne, dare la caccia ai cinghiali selvatici e raccogliere fiori che faceva essiccare in una pressa per conservarli gelosamente tra le pagine dei quaderni. In undici anni aveva creato una collezione composta da centinaia di esemplari, anche se il pezzo più importante doveva ancora arrivare.

Verso mezzogiorno si fermò per consumare un pasto frugale appoggiato al tronco dell’unico albero che era cresciuto a fatica tra le rocce, prendendo il nutrimento chissà da dove, e che Alesh si accorse di non aver mai visto prima. Strano, perché conosceva la flora e la fauna del Kalalimba come conosceva i membri della sua famiglia. L’inquietudine si era un po’ sopita e mentre osservava quella pianta dall’aspetto esile ma, al tempo stesso, forte, provò un senso di fratellanza con essa che lo commosse fino alle lacrime: entrambi erano arrivati fin lassù lasciandosi indietro i propri simili, con la caparbietà e il coraggio che avevano permesso loro di essere più vicini all’essenza del Creato. Nuovamente Alesh provò stupore, questa volta perché non aveva mai avuto dimestichezza con il divino; la sua dimensione si era sempre limitata a ciò che i suoi sensi potevano afferrare, mentre adesso il mondo si allargava a qualcosa di ineffabile – eppure così potente! – che andava ben oltre i colori, i profumi e le sensazioni tattili.

“Dalla fenditura tra due massi poco distanti faceva capolino un fiore che danzava mosso dal vento: era lei, la stella alpina azzurra“

“In undici anni aveva creato una collezione composta da centinaia di esemplari, ma il pezzo più importante doveva ancora arrivare.”

“… era notte ma riusciva a vedere bene tutt’intorno, forse anche per la presenza di miliardi di stelle che illuminavano la volta celeste e irradiavano il loro chiarore lattiginoso fin sulla terra.” 

Rinfrancato nel corpo e nello spirito si rimise in viaggio e proseguì senza sosta fino a sera quando, stremato, decise di piantare la tenda. Si fermò a malincuore poiché, lungo il cammino, l’euforia iniziale si era nuovamente impossessata di lui, accresciuta da una nuova brama di possesso che, come una mano invisibile, lo spingeva con violenza verso la meta. Il pensiero della stella alpina lo aveva accompagnato con insistenza fastidiosa assumendo i tratti di un’ossessione e a nulla erano valsi i tentativi di trovare conforto, come prima, nel respiro: la mente tornava all’immagine di quel fiore mai ammirato, ma tante volte fantasticato. Alesh se l’era figurato così spesso nella testa da avere la sensazione di averlo realmente visto e persino annusato. Era come se nelle narici gli fosse rimasto un aroma singolare, dolciastro ma con un retrogusto amaro, e se si concentrava gli sembrava persino di avvertire i pelucchi dei petali carnosi sfiorargli la punta del naso.

Dormì poco e male, svegliandosi diverse volte durante la notte; poi, in prossimità dell’alba, fece un sogno. Stava seduto in uno prato immenso spruzzato di fiorellini bianchi e incorniciato da montagne gigantesche; era notte ma riusciva a vedere bene tutt’intorno, forse anche per la presenza di miliardi di stelle che illuminavano la volta celeste e irradiavano il loro chiarore lattiginoso fin sulla terra. A un certo punto scorse in lontananza una luce che si avvicinava facendosi sempre più grande e accecante. La luce arrivò a circa due metri da lui, mostrandosi come una palla brillantissima simile a un sole che racchiudeva una figura umana dai tratti confusi e che cominciò a parlare con una voce che ricordava l’ululato del vento: “Ti aspettiamo… Ci siamo tutti… Siamo lassù…”. Alesh avrebbe voluto fargli delle domande ma il fiato gli morì in gola e così rimase immobile e in silenzio ad osservare l’apparizione. Si svegliò all’improvviso, con il cuore che gli batteva forte, e non riuscì più a riaddormentarsi.

Riprese la via al mattino presto e proseguì per cinque giorni ancora, avanzando quasi ininterrottamente. La mano invisibile lo sospinse su per sentieri sempre più irti fino a quando, al termine di una salita particolarmente dura e con le tenebre che si approssimavano, dopo un cammino durato una settimana, giunse in cima alla montagna. Fiaccato dalla stanchezza, Alesh crollò come un peso morto sopra una grossa pietra, una delle tante che costituivano lo scenario spettrale in cui si trovava; la cima era infatti un ampio bassopiano, una vasta e grigia pianura rocciosa quasi interamente brulla e sferzata da un vento gelido. A un tratto, qualcosa attirò la sua attenzione…

Dalla fenditura tra due massi poco distanti faceva capolino un fiore che danzava mosso dal vento: era lei, la stella alpina azzurra! Eccitatissimo, il ragazzo si tirò su con rinnovato vigore dirigendosi verso la meta desiderata, si genuflesse e, con una sorta di timore reverenziale, accostò trepidante il volto ai petali. Venne invaso dal profumo che, tante volte, aveva sentito con le narici della mente, un aroma dolce e inebriante che, attraverso il naso, fluì in tutte le sue membra come una scarica di corrente elettrica, facendogli perdere i sensi. Il suo corpo si accasciò al suolo per un attimo e poi si sollevò, adagiato come su di un letto invisibile e muovendosi ad una lentezza tale da farlo sembrare immobile; eppure si alzava e, per un inspiegabile fenomeno, in pochissimo tempo scomparve nel cielo invaso da stelle a cui se ne aggiunse una, di un insolito bagliore azzurro e più splendente delle altre.
_____
“Desiderio”: dal latino de-sidus (distogliere lo sguardo dalle stelle, quindi lontananza dalle stelle).

foto di: Felix Mittermeier, sweetlouise (Luisella Planeta Leoni), giovanni_novara, maxpixel.net

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Valeria Galbiati

Valeria Galbiati

Mi chiamo Valeria e mi piacciono tante cose, spesso in contrasto fra loro. Sono copywriter, amo la scrittura e la parola ma anche il silenzio, non posso fare a meno degli amici ma ho bisogno di solitudine, adoro la città ma mi rigenero nella natura. Camminare è la mia passione.


Il mio blog | Memorie, immagini e narrazioni sul camminare: in città o in alta montagna, tra i campi di grano o sopra una scogliera. Resoconto di percorsi impegnativi, passeggiate rigeneranti, flânerie. Questo è “UnaPasseggiata.org”, un blog a quattro mani che nasce dalla curiosità e dalla ricerca di bellezza.
Link al blog

26 commenti:

  1. Daniele Daniele ha detto:

    Molto bello!
    Scrittura impeccabile. Avrei voluto leggerne ancora.

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Daniele! Purtroppo era previsto un numero massimo di parole… 😀

  2. Barbara ha detto:

    Letta tutta d’un fiato. Davvero un bel racconto: il finale fa venir voglia di aprire gli occhi e mettersi a cercare tra realtà e fantasia.

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Barbara del tuo bel commento poetico…

  3. Mariella ha detto:

    Un bel racconto fantasioso, con il passaggio molto intenso dell’incontro con l’albero esile e forte che apre il protagonista ad una nuova potente dimensione: quella che di lì a poco diventerà la sua?

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Mariella! Ad ognuno la propria interpretazione…

  4. Ilaria ha detto:

    Bello. A fine lettura il titolo il titolo diventa particolarmente saporito e calzante: Desiderio (mancanza di stelle…….)

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Ilaria. Mi piace il termine “saporito’!

  5. Sveva ha detto:

    Scrittura molto scorrevole, racconto affascinante, con un finale molto poetico e bello il contrasto tra l’ascensione così immobile, ma altrettanto subitanea.

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Sveva per le tue belle parole!

  6. Samanta ha detto:

    La bellezza della natura, lo spirito di ricerca, l’aprirsi di un mistero..
    Il racconto cattura e fluisce attraverso immagini vivide e lucenti. Tutto d’un fiato

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Samanta, hai reso il mio raccontino… Un quadro!

  7. Pietro ha detto:

    Originale e affascinante racconto, scrittura limpida, temi e motivi intriganti: il desiderio assoluto, la ricerca appassionata, con una tensione quasi mistica (vedi il momento finale, con la scoperta e l’esperienza sublimante dell’oggetto del desiderio), la morte /vita attraverso una metamorfosi. In un clima di suspence continua, dalla dimensione quasi favolosa dell’inizio (un’aura misteriosa circonda l’oggetto nei racconti degli anziani), alla sorpresa finale, che è un trovare/per perdere (morire)/per rinascere in qualcosa d’altro (la stella).
    Intrigante è pure l’etimologia ricordata e spiegata in esergo.

    1. Pietro ha detto:

      ooops, suspense, non suspence

      Pietro

    2. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Pietro, bellissimo e acuto commento, davvero esaustivo!

  8. Anton Nissim ha detto:

    Fluid, aethereal and moving. Superb.

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Thank you Anton. I’m glad you used the djective “aetheral” bacause I really wanted to give the impression of a story suspended between earth and sky.

  9. Salvo ha detto:

    Evocativo e delicato, sottilmente leopardiano per l’afflato mistico del protagonista e la sua tensione verso l’Assoluto. Il finale è delizioso.

    1. Valeria Valeria ha detto:

      L’accostamento a Leopardi – poeta immenso, tra i miei preferiti – mi onora. Grazie Salvo!

  10. Sara ha detto:

    La cosa che mi ha colpita maggiormente di questo racconto è il modo in cui l’autrice è riuscita a rendere la maestosità della montagna e il senso di timore reverenziale di chi la affronta. Anche il fatto che il desiderio di cercare il “fiore portentoso” sia nato dai racconti dei nonni è un’immagine molto bella; mi piace pensare che il finale sia una metafora di come ricevere in regalo racconti di un’altra vita durante l’infanzia cambi per sempre chi li ascolta, proiettandolo in un magico altrove: il protagonista sembra ascendere a qualcosa di più grande e diventare una storia che un giorno sarà raccontata e che cambierà la vita a qualcuno, come è successo a lui.
    Questo racconto mi è piaciuto moltissimo!

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Sara! Hai colto l’essenza del mio racconto. Mi fai pensare al fatto che, forse, ho scritto “Desiderio” condizionata inconsciamente dal mio passato: ricordo infatti mia nonna paterna che mi incantava con i suoi numerosissimi racconti sulla sua infanzia e gioventù. Un tesoro che conservo dentro di me e che è stato anche una fonte di preziosi insegnamenti.

  11. Silvia ha detto:

    Come Daniele, avrei voluto leggerne ancora. Bravissima!

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie mille Silvia. Puoi continuare a leggere la storia nella tua mente: ogni l’errore può immaginarsi il seguito!

      1. Valeria Valeria ha detto:

        Ogni lettore*, pardon!

  12. Maurizio ha detto:

    Racconto molto suggestivo, un viaggio iniziatico a cui il lettore partecipa con tutti e cinque i sensi. Una scrittura immersiva e ipnotica che sposa perfettamente il tema della ricerca mistica dell’immortalità. Bravissima Valeria!

    1. Valeria Valeria ha detto:

      Grazie Maurizio del tuo bel commento! Sono stata sempre affascinata dai “grandi temi” dell’umanità, come quello del desiderio -impossibile ma radicato – dell’immortalità e ho voluto terminare il mio racconto con un finale da interpretare come un “happy end” o come una conclusione amara, a seconda della sensibilità del lettore.

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