Qualcuno brontolò. Era inevitabile. Ma sei sicuro ci sia la neve? Saliremo mica con le ciaspole nello zaino? La neve la trovammo ed anche tanta. Potemmo soddisfare la voglia di affondare nella neve fino alle ginocchia scendendo qualche ripido pendio sotto la Punta Palasina. Camminammo nella neve così tanto che qualcuno tornò stremato di fatica alla macchina. Tutto questo però il giorno dopo.
Ora mentre il giorno stava per volgere al termine nessuno poteva ancora saperlo. Il nostro appuntamento per la serata era con altro. Un appuntamento che sarebbe potuto anche saltare. A volte basta pochissimo perché un appuntamento tanto atteso sfumi nel nulla. Sarebbe bastata una nuvola. Una effimera nuvola. Lessi l’ora sull’orologio, feci qualche rapido calcolo, mi guardai attorno e ne dedussi che dovevamo affrettare un po’ il passo. Alle cinque del pomeriggio c’è ancora luce nel mese di febbraio ma siamo sempre in inverno e noi saremmo dovuti arrivare puntuali all’appuntamento nei pressi del borgo di Chavanne, qualche centinaio di metri più in alto, prima di incamminarci sotto i pericolosi pendii valanghivi del mont Bieteron.
Risalimmo i declivi di neve fradicia che lambivano i bordi estremi del “bois de Carlo” il quale insieme al “bois de la Manda”, seppur meno noti del “bois de Estoul”, lo superano in estensione. Da una settimana le elevate temperature avevano fatto arretrare le linee immaginarie che segnano il confine tra il mondo della neve ed i prati gialli di primavera. Ci avventurammo tra gli alberi zigzagando qua e là per non impantanare le lame delle ciaspole nel terreno molliccio e fangoso. Fu in quel mentre, che lasciando alle spalle gli impianti di risalita e con loro gli enormi gatti delle nevi che spianavano le piste per i gitanti del giorno successivo, entrammo finalmente nel mondo incantato della montagna.
Gli alberi ancora nascondevano le cime innevate che ci attendevano e lo sguardo non poteva infrangersi contro le murate pareti di roccia e ghiaccio. Il gruppo si allungò. Non c’era alcun pericolo. Continuammo così lasciando che ognuno proseguisse il cammino con l’andatura dei propri passi. Dopo un po’ incrociammo la prima casa. L’ultima se la si osserva dalla parte opposta della borgata. Un pino solitario sul pianoro usciti dal bosco. Tutto intorno l’oscurità della sera che avanzava quando finalmente lontano il rifugio si presentò appena appena percettibile alla nostra vista. Era solamente una minuscola macchia grigia sopra uno sperone di roccia dello stesso colore. Il tempo di attendere l’arrivo di tutto il gruppo e l’oscurità la inghiottì. Fu buio. L’unico attimo buio della sera. Accendemmo le pile frontali.
Ora la neve non mancava sotto i nostri piedi. Nella oscurità trovare la traccia per la salita non fu facile. Si accesero le prime frontali. Chi di noi ne era munito accese anche un led rosso. Chi sullo zaino, chi al posto della luce frontale. Lo ammetto questi led in passato non si usavano sono una derivazione dal mondo della bicicletta. Tuttavia, servono ad indicare un punto certo a chi sta un po’ indietro o forse chissà sono solamente un vezzo di colore nel buio. Non so quanti lo notarono ma lontano il rifugista accertata la nostra presenza nella valle lampeggiò a sua volta per indicarci che ci stava attendendo. Lampeggiò un po’ e poi si spense. Tacque. Nel mentre si era fatta l’ora dell’appuntamento e puntuale la Luna comparve ai nostri occhi. Era riluttante a mostrarsi. Scomparve pressoché subito. Non era pronta. Forse non eravamo pronti noi. Si nascose e noi non ci sottraemmo al suo gioco.
Il sentiero ora scendeva leggermente per poi spianare passando sotto il lago Literan. Una serie di frane nevose erano su quella che in altra stagione sarebbe stato il sentiero. Ora innevato era una unica piana con l’ambiente circostante. Su una frana passammo sopra e sull’altra ci girammo intorno. Passammo veloci, per quanto fosse possibile, quel tratto fino a giungere al “grand torrent” completamente sommerso dalla neve. Era il punto sicuro dal quale dipartono i sentieri che salgono al rifugio Arp. Ci ricompattammo nuovamente. Faceva freddo. Indossammo il guscio. In silenzio passo dopo passo nella neve ghiacciata incominciammo a salire.