“In tutti questi anni, nel corso di tutti gli spostamenti da me effettuati, da casa al tabaccaio (791p), da casa al municipio (930p) … il computo… durante il viaggio di andata poi durante il ritorno, non è mai tornato”.[1]
Camminare, camminare, camminare, per cercare, per trovare, per ritrovare.
In una iniziativa pubblica a Riccione fu chiesto a Vitaliano Trevisan: «A suo avviso, in che stato vive, oggi, la letteratura italiana? Sta bene, è in coma, risponde all’esigenza minima di testimoniare il mondo, l’uomo?». La risposta fu: «A questa domanda non so rispondere – a rigore, non mi occupo di letteratura, italiana e non».[2]
Vitaliano Trevisan non trovava interesse per domande di circostanza, era interessato al cammino, come un montanaro, era attirato da altri pensieri, e non è detto che una sua qualsiasi risposta potesse essere attinente alla domanda, non tanto perché non volesse rispondere, ma per il fatto che lui parlava scrivendo. Sulla scrittura era rigoroso, esigente, ferreo e puntuale, come sull’uso della lingua del resto, la sua vita era altro dalla letteratura, era semplicemente vita, la sua, anche se, sulla lingua, era davvero esigente.
Aveva distillato che la vera comunicazione stava nella vera scrittura e a tanto si è adoperato per una gran parte della sua vita in questa strenua ricerca. Come Trakl, al quale ogni tanto lo associo quando penso a lui, era consapevole del suo destino, e per tale ragione si sentiva sradicato dal mondo e straniero a casa sua e da questa sensazione intima inizia il suo vagabondare curioso, attento, meticoloso, mai superficiale.
«Perché trovo sempre un lavoro?, mi dicevo, Perché non mi lasciano andare alla deriva in pace? Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora. Poi non ho coraggio. Mi viene in mente mio padre, il poliziotto Arturo, e la sua divisa, sempre impeccabile; e mio nonno, la dignità con cui indossava il suo vestito da festa. Assurdità che sempre mi ritornano. L’origine è un vestito che uno non smette mai».[3]
Trovo in questa parola “origine” un sentimento intimo di ricerca, una traccia operativa, che Vitaliano Trevisan, in piena sintonia con Trakl, e con il suo riferimento letterario Bernhard, ha indagato.
Come pochi, o lui solo, è stato capace di ricercare ostinatamente questa origine partendo da frammenti che sono rimasti sparsi qua e là nel nostro mondo “iperculturale”, e che poi, pazientemente, ha ricomposto offrendo loro nuova vita attraverso i suoi libri.
Nato in Veneto in un’epoca che ancora consentiva di percepire la specificità di questa terra, tanto amata, il “sentimento ammirativo”, ben presto impatta sull’insorgere di un mutamento travolgente che non risparmia nulla: che spazza via ogni sentimento, che aliena l’uomo, che distrugge le radici, l’origine, che cosparge bruttezza, che non smette mai, appunto, di insinuarsi come un tarlo nella testa, di rendere opaca la memoria e lo sguardo, che chiede in ogni momento il riscatto.
Un bellissimo articolo. Grazie.
Grazie Silvia,
mi fa piacere che l’articolo abbia trovato il Suo interesse. Un cordiale saluto.
Vittorio
Molto bello e interessantissimo, illuminante direi su di un importante personaggio, scrittore che conosco poco. L’articolo mi induce a colmare senza indugi questa lacuna. Grazie.
Grazie Luciano.
Le auguro che l’approfondimento della conoscenza di questo straordinario scrittore non la faccia pentire di averlo fatto. Sono certo che sarà ripagato. Cordialmente.
Vittorio
Quando ho letto Works alla sua uscita l’ho ritenuto il più bel libro letto negli ultimi anni, (sono una forte lettrice); avevo già un bel ricordo dei Centomila passi, straniante racconto di una vita in bilico, e poi due incontri letterari che me lo avevano fatto conoscere dal vivo, così diretto e quasi imbarazzante nei suoi silenzi a domande a cui non rispondeva, muto.
Un autore ritenuto scomodo, osannato postumo, grazie per questo sincero ricordo, per ricordarcelo nella sua mordace vividezza.
Buonasera Vanna e grazie per la Sua condivisione. Concordo con Lei sul fatto che Works sia un libro fondamentale del nostro tempo. Un libro completo perché troviamo molta trasversalità di pensiero e di interessi. Un libro senza filtri, un libro che porta alle estreme conseguenze, perché Vitaliano ostinatamente, sempre, voleva arrivare alle estreme conseguenze. Un libro che è come la seduta dall’analista di una società allo sbando incapace di vedere la propria crisi. Lui era così: intelligente, intransigente, imbarazzante. Era imbarazzante per noi che non avevamo la sua capacità di visione e su questo lui non ti mollava. Ci mancherà. Cordialmente.
Vittorio
Un articolo che stuzzica chi non conosce questo autore e i suoi lavori ad andare a scoprirli ! Complimenti all’autore per questo davvero ben scritto articolo .