Stiamo parlando della Valle Orco. “Profonda, incassata, offre sempre paesaggi decisamente occidentali, severi e grandiosi, quadri e vedute dove predominano le linee geometriche dure e spezzate, i contorni ruvidi e aspri: caratteristiche comuni, d’altronde, anche alla gente”.
Siamo qui in uno di quei giorni che Gian Piero avrebbe definito della “primavera alpina”, quando la strada del Nivolet è ancora in parte chiusa e si ferma al Lago del Serrù. Da qui, con gli sci inizialmente a spalle, è possibile intraprendere percorsi selvaggi e di grande respiro.
Stiamo parlando di esperienze che di questi tempi sono quasi una necessità, dopo mesi di digiuno dall’aria salubre delle Alpi. Siamo appena usciti dagli “arresti domiciliari” imposti dalla grande pandemia, capace di far scricchiolare ogni promessa delle nostre giovani democrazie. Capace anche di rivelare tutte le debolezze di un’Europa che si vorrebbe unita, eppure pronta a cedere alle paure ed agli egoismi nazionalistici.
Così negli ultimi tempi più che mai abbiamo riscoperto i rigori dei confini e dei divieti, in una società un po’ più distopica e primitiva. Delatori di turno si aggirano per strada aggredendoti per farti stare a casa, mentre la TV è tornata all’Istituto Luce del nuovo ventennio. I cosiddetti “runner” sono i più perseguitati, mentre la malasanità fa danni nelle case di cura e negli ospedali, dove le mascherine servirebbero davvero e spesso non ci sono.