Reportage

NON NEL MIO NOME

Cortina d’Ampezzo, Non nel mio nome. Cittadini e associazioni in marcia per denunciare l’assalto alle Dolomiti, per dire NO a una serie di progetti legati alle Olimpiadi invernali Milano–Cortina 2026.

testo e foto di Dario Zampieri

03/11/2021
5 min
Circa 400 cittadini, provenienti da diverse regioni oltre che dal Cadore, si sono ritrovati a Cortina il 24 ottobre 2021 per esprimere un deciso NO a una serie di progetti legati alle Olimpiadi invernali Milano–Cortina 2026.

Ben 52 comitati e associazioni hanno dato la loro adesione alla marcia per denunciare l’assalto alla montagna dolomitica. Tra quelle bellunesi si ricordano: Comitato Peraltrestrade Dolomiti, Tennis Country Club Cortina, “Ju le man da nosta tiera” No al collegamento Arabba-Cortina, Comitato no variante Anas S. Vito di Cadore, Partito della Rifondazione Comunista Belluno, FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di Belluno, Comunità Amici del Cansiglio, Gruppo promotore Parco del Cadore, Italia Nostra sezione di Belluno, CAI veneto, WWF Terre del Piave Belluno-Treviso, Fondazione Angelini-Centro Studi per la montagna.

Tra i giornalisti e scrittori di montagna hanno aderito Enrico Camanni, Paolo Cognetti, Marco Albino Ferrari, Franco Michieli, nonché il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (GISM).

I numerosi interventi che hanno spiegato le ragioni del NO sono stati esposti dapprima in Piazza Pittori Fratelli Ghedina, quindi presso il Parco avventura, dove termina la vecchia pista da bob. Il gruppo di manifestanti è quindi risalito alla partenza della pista olimpica e di lì lungo la pista da sci sino a Colfiere, dove sono in corso lavori con grandi sbancamenti del terreno.

I vertici di Mountain Wilderness presenti a Cortina, da sx Gian Carlo Gazzola (vicepresidente), Carlo Alberto Pinelli (fondatore) e Alberto Peruffo.

Le principali preoccupazioni espresse riguardano l’uso dei giochi invernali per calare dall’alto opere costosissime e impattanti al posto di iniziative diffuse per favorire la vita in montagna dei giovani. Così si fa credere che i collegamenti sciistici Cortina-Badia, Cortina-Arabba, Cortina-Civetta servano a limitare il traffico automobilistico, si progettano una tangenziale che cancellerà i prati sotto S. Vito di Cadore, un mega-albergo al passo Giau e villaggi di lusso Meister a Cortina ed Auronzo, si costruirà una nuova pista da bob che sarà usata solo per alcuni giorni e quindi abbandonata.

Naturalmente, nei proclami si sprecano le parole di moda come sostenibilità e impatto zero, nella totale mancanza di trasparenza sui progetti, che permetta un vero confronto con le amministrazioni locali e i cittadini. A dieci anni dall’iscrizione delle Dolomiti nella Lista del Patrimonio Mondiale, la stessa parola sostenibilità, oramai generalmente svuotata di significato e utile solo a vendere più merci, è usata per far digerire le Olimpiadi anche da chi istituzionalmente dovrebbe operare per proteggere la montagna dolomitica. Nel mentre, l’umanità è sotto la minaccia sempre più tangibile del cambiamento climatico irreversibile, che rende chiaramente insostenibile la pratica dello sci, impensabile senza la neve artificiale.

Una revisione di 119 articoli scientifici sui rischi del cambiamento climatico per l’industria turistica della neve di 27 paesi di Nordamerica ed Europa mostra che non si può più dipendere dalla neve naturale. Per produrre la neve artificiale sarà necessario pompare sempre più acqua e consumare sempre più energia, le stazioni sciistiche chiuderanno progressivamente, le stagioni sciistiche si ridurranno e si sposteranno nel calendario, i mercati dello sci si contrarranno e si trasformeranno, mentre gli sciatori viaggeranno sempre più lontano o abbandoneranno lo sci e il valore degli immobili di vacanza invernale potrà salire o scendere di conseguenza.

Scioline assassine e climalteranti
Un altro impatto potenziale ai più sconosciuto, comune alla pratica dello sci di tutto il mondo – Olimpiadi comprese – è l’utilizzo nella preparazione delle scioline di prodotti a base di fluoro. L’indagine del giornale norvegese Dagbladet ha definito la fabbrica Miteni Spa (presso Trissino, Vicenza, chiusa nel 2018 dopo aver avvelenato per 50 anni il territorio dove vivono almeno 350.000 persone) “Fabbrica dell’Orrore”. Secondo l’inchiesta del popolare quotidiano (coordinata dal gruppo PFAS.land, fondato dall’alpinista e attivista Alberto Peruffo, l’ideatore di Intraisass e socio di Mountain Wilderness), che ha intervistato due ex-lavoratori addetti al reparto scioline, gravemente resi invalidi, l’uso dei fluorocarburi nella sciolinatura per conto della Norwegian Swix risale alla fine degli anni ‘80. Tra i lavoratori ignari di maneggiare sostanze pericolose è stata riscontrata un’anomala incidenza di malattie mortali come cancro al fegato, cirrosi, diabete e linfoma. Lo stesso è stato riscontrato in Norvegia tra i preparatori delle solette degli sci da fondo.

Sebbene le molecole con otto atomi di fluoro siano state abbandonate e sostituite con quelle a sei o quattro atomi di fluoro, l’innocuità di quest’ultime non è affatto dimostrata. Tra l’altro, i composti a base di fluoro che finiscono in atmosfera hanno un effetto climalterante migliaia di volte più grande del più comune gas a effetto serra, la CO2.

Per il gas serra CF4 (tetrafluorometano) – sempre un perfluorocarburo surrogato dei classici PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) – studi hanno stimato un “potenziale climalterante” 6.600 volte superiore rispetto alla CO2, nonché 50.000 anni di vita media contro i 120 del biossido di carbonio. Per questo e per altro, l’industria diretta e indiretta intorno allo sci dovrebbe rimettersi in discussione, tanto che la FIS si è pronunciata decisamente – in brevissimo tempo – per vietare le scioline al fluoro dopo lo scandalo italo-norvegese.

Tutte le attività umane hanno un impatto, ma i giochi invernali sembrano un concentrato di impatti inaccettabile, tanto più in un’area sito Unesco: abbattimento di alberi, consumo di suolo e di acqua, azione climalterante e possibili effetti sanitari.

Dario Zampieri

Dario Zampieri

Da studente di geologia ha percorso la strada per Oxiana tracciata da Robert Byron, giungendo in Afghanistan via terra. Non ha mai smesso di camminare sotto e sopra la superficie del nostro pianeta, con occhio indagatore sui processi che ne determinano la complessità. Ha compiuto il 50° compleanno durante la salita dell’Aconcagua tramite il traverso dei polacchi.


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