Racconto

SCRIVERE IN NATURA. PAROLE PER GENA

Una valle, un lago, la montagna. Un sentiero che sale, a tratti ripido, Acqua che scorre, Memorie conservate e custodite. Questa lo sfondo naturale e culturale per tentare di raccontare i villaggi delle Gene, durante la Reunion di altitudini.

testo di Daniele Ceddia  / Milano

ph. Daniele Ceddia
03/07/2022
5 min
Una valle, un lago, la montagna. Un sentiero che sale, a tratti ripido, altre volte indugiando in brevi avvallamenti.

Acqua che scorre nei ruscelli, rimbalza, genera, nei millenni, i Cadini del Brenton. Sgorga dalle fontane, riempie gli abbeveratoi in prossimità di minuscoli abitati o di ciò che ne resta. Memorie, alcune visibili, conservate e custodite per parlare al presente, altre, che vanno cercate, lette nel paesaggio, ascoltate sul posto dalla voce di chi in questi luoghi ancora abita o tenta di farlo.
Questa la scenografia, lo sfondo naturale e culturale della Reunion di Altitudini. Valle del Mis, Dolomiti Bellunesi. Occasione di incontro, scambio, contaminazione che genera sempre qualcosa di nuovo.
Occasione, anche, per assaporare un luogo. Tentare di raccontarlo.
Gena Bassa, Gena Media, Gena Alta. Avamposti montani, luoghi che parlano di un tempo che non c’è più.. Da dimenticare? Non credo. Da recuperare. Quello sì, forse andrebbe fatto.

Tra queste suggestioni camminiamo su per i sentieri fino a Gena Alta, un minuscolo paese una volta abitato, in cui permangono tracce di Resistenza, tentativi di ritorno. Una casa parzialmente ristrutturata si appoggia ad un’altra dove sono ancora visibili i segni di un incendio avvenuto più di 70 anni fa. Le ferite dei rastrellamenti e delle rappresaglie naziste.
In giugno, all’occhio di un viandante, Gena Alta appare un luogo di pace e silenzio. Un luogo che procede al passo con il ritmo della natura. Si miete l’erba nei piccoli campi circostanti, sulle finestre, gerani rossi danno il meglio di sé e spiccano contro il bianco dei muri.
Cerchiamo un luogo raccolto in cui ci sia un po’ d’ombra e magari acqua per dissetarsi ed immergere i piedi. Nelle uscite in montagna o sui sentieri, non si dovrebbe mai dimenticare un taccuino e una penna per prendere appunti. Acquerelli, perché no?

ph. Davide Torri
hdr

Un laboratorio di scrittura en plein air

All’ombra, ci riuniamo lasciandoci guidare dalla magia della scrittura. Prendiamo in prestito alcune parole di John Muir, naturalista statunitense, padre del conservazionismo americano e tra i promotori della salvaguardia della wilderness.

“Che meraviglie ci sono in un giorno di montagna! Il brusio di piccoli insetti, lo zillare allegro delle cavallette, le grida dei falchi, delle ghiandaie e delle nocciolaie, il tamburellio delle pernici, il gracidare delle rane, il terribile entusiasmo delle cascate in espansione, il ruggito delle cateratte, lo schianto e il fragore del tuono, lo sbuffare dei cervi, il canto della strolaga più solitaria, il più selvaggio dei suoni. Un ottimo posto per banchettare la montagna, basta essere poveri a sufficienza. Si è velocemente presi dal valore spirituale delle cose. Il corpo svanisce e l’anima liberata parte verso nuovi paesi.”
John Muir,
“Andare in montagna è tornare a casa”, Piano B Edizioni.

Sollecitati da queste lettere, appuntiamo qualche parola che, per noi ha a che fare con questo luogo e la montagna.

Queste parole costituiscono una sorta di “lessico dei monti”. immagini, sensazioni e frammenti che li raccontano. Parole chiave che possono evocare mille ricordi e far nascere infinite storie.
Continuiamo con un altro prestito letterario per incanalare le scritture. Questa volta saranno alcune parole di Mario Rigoni Stern a guidarci. L’autore, che tanto ha raccontato di natura, montagna e dei propri luoghi (l’altopiano di Asiago dista un centinaio di km), conosceva bene anche la Valle del Mis.

“Andiamo anche noi in un’alba d’estate per i sentieri del bosco; sia discreto il nostro abbigliamento e silenzioso il passo, cercando di evitare sassi mobili e rami secchi. Fermiamoci ad ascoltare e ci sarà molto da scoprire: un fruscio, un battere di ali, il sottile richiamo del piccolo capriolo, un aereo di linea che passa alto nel cielo, il rumore di una motosega nell’altro versante… con il cuore lieto raccogliamo nella palma della mano un po’ di mirtilli e assaporiamoli pensando che anche l’urogallo e il tordo li gradiscono… un dono della natura”.
Mario Rigoni Stern,
“Stagioni”, Einaudi, Torino 2006.

ph. Daniele Ceddia
disegno di Marco Rossignoli

Andiamo alla ricerca di un luogo di ispirazione nei dintorni di Gena Alta. Ognun per sé. Un luogo in cui lasciarsi attraversare dal silenzio e mettersi in ascolto di ciò che sta intorno.
“Quali profumi, quali colori, quali suoni si incontrano? Cosa ci fanno venire in mente?”
Si lascia che dal silenzio emergano pensieri, suggestioni e parole. Le si appuntano sulla carta senza badare troppo alla forma. Come se la penna scriva automaticamente ciò che emerge in quel momento. Ne nascono scritture estemporanee.

Qualche minuto in salita,
Scricchiolano rametti secchi sotto la suola,
Sfregolano le foglie secche
mentre il vento agita le fronde;
il profumo del bosco, della terra non
li percepisco intensi
come invece il colore delle foglie o il gioco
della luce tra gli alberi.
Qualcuno cammina qui di fianco
qualche voce di saluto in lontananza
il caldo ed il fresco sulla pelle
si alternano a seconda di come il vento
muova rami e foglie.
In bocca ancora il sapore della fatica
addolcito dall’acqua fresca della fonte.
Cinque sensi, cinque canali, che fanno entrare silenzio, dolcezza, pace.
Ed incontro con te.
Marina Consolaro

C’è una piccola cucina economica messa lì, in mezzo alle rovine, solo una trave polverizzata dai tarli impedisce all’intera casa di collassare. Non è la prima volta, che, dentro a case affondate dal tempo, ritrovo quasi intatti segni di una vita possibile fino ad allora: stufe, letti scuri, scheletri di fórmica.
Checcazzo. Mi assale una rabbia impotente, non malinconia, nemmeno meraviglia, solo un fuoco che brucia.
Quasi coperta da una siepe di rosmarino grande come un vecchio noce c’è una bandiera sbiadita che lascia intravedere i colori dell’arcobaleno e la parola pace.
Ecco, questi luoghi traditi dai trenta denari hanno bisogno di questo: pace.
Essere.
Lasciati.
In.
Pace.
Davide Torri

Ancora delle voci dove nel tempo si alternano silenzi.
Le foglie dei noci, dei frassini e dei pioppi tremuli, si uniscono come in un coro di paesani festanti alla fonte.
Questo bosco è così vivo, mentre affonda le sue radici tra i muri calcarei e di porfidi. Luccicano le foglie del pioppo, mentre fremono; luccica il riverbero dell’acqua: come un sogno d’oro sommerso dall’alluvione, affondato nel verde di un lago nuovo.
Vecchie tegole raccontano di dita che imprimono la forma e di tetti come alberi senza fronde.
Sara Invernizzi

In lontananza odo un tagliaerba. Mi ricorda il suono di una zanzara: continuo, monotono… Però la zanzara è disturbante, interrompe la quiete della notte fra le quattro mura di casa, mentre il tagliaerba mi richiama alla mente dolci immagini infantili delle mie vacanze estive al mare. Mentre scrivo, però, ecco che una zanzara arriva veramente: il mio pensiero l’ha chiamata! Che strano, però, quando la sento non mi procura il solito fastidio, così non tento di scacciarla e la ascolto. Rifletto che qui, nella natura, la zanzara non è fuori contesto, non è una visitatrice inopportuna: piuttosto sono io che ho violato il suo regno. La zanzara mi ronza attorno per alcuni secondi e poi si allontana, benevola, senza avermi punto: se sapesse quante sue sorelle ho fatto fuori…!
Valeria Galbiati

ph. Luca Serenthà

Queste brevi scritture non hanno nessuna ambizione letteraria. Sono scritture di sé in relazione al luogo in cui ci si trova. Sguardi soggettivi e unici, suggestioni, materiale che nasce dai sensi più che dalla ragione. Sostanza per la poesia. Proviamo così a creare un breve componimento poetico estraendo 11 parole da quanto scritto (se ne servono di più va bene lo stesso). È un gioco surrealista che si attribuisce ad André Breton. Creiamo un “petit onze”, un piccolo 11, una sorta di haiku di 11 parole.

Qui
bordo fontana
come mille altri,
lei fredda io caldo
vita.
Raffaele Negri

Voci
vento, noci
paesani alla fonte
tegole, tetti, alberi senza
fronde.
Sara Invernizzi

Un albero
mi accoglie
la luce brilla
le rocce in alto
sembrano chiamare.
Jacopo Mori

Come
Una carie Poetica annidata tra
Fiori e denti di
Roccia
Marco Macconi

Altitudini
Rosina, Mansueto
perer, pomer, zaresera
agher, carpen negro, mugo
Feruch
Teddy Soppelsa

Concludiamo così questo momento di ritrovo intorno alla scrittura e riprendiamo il cammino, questa volta in discesa verso il lago del Mis. A Gena Alta e alla montagna, lasciamo una poesia condivisa che mette insieme alcune parole pronunciate oggi.

Gena Alta rinasce
Farsi forma, roccia,
Gena Alta rinasce.
Le montagne silenziose,
le voci delle pietre.
Fatica, conquista, essenzialità,
l’odore dell’abbandono.
Sfida, astrazione,
sentire il corpo e il tempo
liberarsi dal dovere.
E il pensiero vola e va.
Rispetto, silenzio, memoria.
Madre che accoglie e ascolta, maestra.
Storie portate dal vento in un tempo ritrovato.
Solitudine accompagnata,
punto cardinale Nord.
Connessione con ciò che è lontano da me.
Gena Alta rinasce.


“Ecco, questi luoghi traditi dai trenta denari hanno bisogno di questo: pace.
Essere. Lasciati. In. Pace.”

Daniele Ceddia

Daniele Ceddia

Si occupa di pedagogia nell'ambito della salute mentale. Aspirante biografo, ama ogni storia di vita. Cammina, scrive e cerca il Monte Analogo.


Il mio blog | UnaPasseggiata.org | Diari di viaggio, pensieri erranti, scritture e riflessioni sul camminare. In montagna, in pianura o in città. Sempre e in ogni dove.
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2 commenti:

  1. Umberto ha detto:

    Bello, mi piace anche se questi racconti raccontano di uno struggimento per un tempo che non c’è più. Riflessioni da vecchio… Forza ragazzi, ritornate a sognare.

  2. Marta ha detto:

    Bellissimi questi racconti, mi sarebbe piaciuto partecipare alla reunion…
    E prima o poi andrò a Gena alta, selvaggi Monti del Sole!

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