Racconto

Vie d’Aspromonte

testo e foto di Stefano Pannucci  / San Giovanni la Punta (CT)

Frana Colella
29/12/2018
4 min
logo blogger contest2018_ita_senza feccia
Ho messo piede per la prima volta in Aspromonte per studiarlo: ero tra i primi a cercar di dare una spiegazione all’origine delle sue vette, alla genesi delle rocce metamorfiche che si sono formate e trasformate dentro il profondo della crosta terrestre.

Sapevo che le catene montuose sono generate da grandi terremoti, dall’attivazione di faglie che si muovono in risposta agli sforzi tettonici, ma non mi ci ero ancora mai trovato immerso. Quel che mi ha da subito colpito e che è rimasto in vari modi dentro di me, è stata la sfida per raggiungere i luoghi più interni, oggetto di sete di conoscenza; è stata la sensazione di avventura e la struggente, pacifica e solitaria bellezza di tutti quei paesaggi.

E l’Aspromonte è un po’ lontano ma so che c’è, è li, non è una chimera. L’Aspromonte, a tratti, mi torna dentro più che altro riaffiora. E c’è di più: sento quelle Montagne.
Ho giocato tra i sassi, tra i solchi, tra le Valli profonde e spesso buie. Ho dovuto seguire i dislivelli, quelli naturali e naturalmente tracciati. Ho dovuto superare gli ostacoli, quelli delle piogge battenti, dei guadi e delle piccole frane. Ho dovuto scalare le difficili pareti della paura, dello smarrimento e dell’incerto. Ho messo piede sopra ogni cima, altura e punto di osservazione, per poter godere della vista d’insieme, come a voler abbracciare tutto dentro uno sguardo, mai soddisfatto da quell’ultimo scatto. Certo non pensavo ad altro la mattina, da sveglio: salire su, raggiungere la zona assegnata, quasi fossi una vedetta. Sapevo solo che avevo bisogno di viveri per affrontare la lunga giornata di lavoro di campo, senza incontrare alcuno.

Risalendo i ripidi tornanti, uno dopo l’altro, sentivo la polvere fine del suolo siliceo entrare nelle mie narici.

Allora iniziavo la salita, prendevo il mio mezzo ricoperto dalla salsedine del litorale di Bovalino, dove il caro amico Piero aveva trovato per me un alloggio, e mi dirigevo verso l’Alto di quei Monti, là dove era custodito il mio tesoro. Non dovevo attraversare del tutto l’abitato di San Luca, dopo le prime case mi lasciavo andare giù per la ripida discesa che mi portava fin dentro il Bonamico: l’ampia, piatta ed immensa Fiumara.
Quando riuscivo a guadarla, mi lasciavo tutto alle spalle, quel po’ di abitato che ancora poteva esistere; da qui in poi solo tracce sterrate, qualche mucca o famiglia di maiali selvatici e panorami, si, a mai finire. Risalendo i ripidi tornanti, uno dopo l’altro, sentivo la polvere fine del suolo siliceo entrare nelle mie narici. Salivo veloce nel tratto iniziale per non perdere tempo, per giungere nella zona di mio interesse, cercando di afferrare con la memoria visiva tutto ciò che di bello scorreva veloce attorno a me. E chissà a cosa pensavo. E mi fermavo solo davanti al primo affioramento per me interessante, mi affacciavo un po’ oltre la mulattiera per sbirciare tra gli alberi l’ampia bianca spianata della fiumara, già centinaia di metri più in fondo.

“Da qui, messere, si domina la valle…” La guardavo ogni mattina, ogni giorno: le cime, le incisioni, ogni spuntone, ogni pietra, come fosse roba mia; come se la notte, con il suo velo, avesse portato via qualcosa o come se dovesse esserci qualcosa di nuovo, non ancora visto, qualcosa da scoprire per conoscerla appieno, per sentirmi come unica cosa con quella forza apparentemente quieta che tuttavia dominava ogni cosa. La montagna era viva, parlava. La montagna si muoveva. La Montagna era alta e maestosa, allargava le sue braccia per lasciarsi scorticare, graffiare, accarezzare dalla pioggia, dalla neve e dal vento. Ogni piccola goccia che cadeva era smarrita, dispersa, finché la Montagna la guidava via lontano fino al giorno in cui, forse, sarebbe tornata in alto, lassù da dove tutto appare piccolo ed è piccolo a confronto.

Ma quanto affascinante e selvaggio, rigoglioso ed impenetrabile, è apparso a me il Massiccio dell’Aspromonte. 

E quanto duro doveva apparire al viandante che volesse attraversarlo da parte a parte, o al pastore che vi saliva a cercar da vivere, e quanto intricato ed impenetrabile all’avventuriero che vi andasse a cercare tesori leggendari, nascosti da qualche brigante braccato.
Ma quanto affascinante e selvaggio, rigoglioso ed impenetrabile, è apparso a me il Massiccio dell’Aspromonte. Le vie che ho attraversato addentrandomi erano delle mulattiere, antiche carrarecce,  a tatti piste sterrate che si modificano ancora adesso in sintonia con i severi eventi atmosferici.
Avevo un compito da svolgere, una meta da raggiungere, respiravo la fastidiosa polvere, sentendo solo qualche rumore, sempre più lontano, sempre più attutito, risuonare nella vallata.
Finché il suono del vento tra le foglie del bosco spegneva tutto.
Così l’Aspromonte è diventato una parte di me.

  • Strada Casalinuovo
  • Fiumara d’Aspromonte
Stefano Pannucci

Stefano Pannucci

Geologo e Vulcanologo, si occupa di tematiche ambientali presso la Regione Siciliana, fotografa la forza dei paesaggi naturali con passione ed ammirazione che trascendono la scientificità del reportage. Ama trasmettere le emozioni provate nell’osservare, da insoliti “punti di vista”, le molteplici sfaccettature dei paesaggi naturali. Da sempre appassionato del Vulcano Etna e delle aspre montagne che lo circondano.


Il mio blog | Non è solo la storia di un viaggio in Aspromonte, è anche un viaggio interiore alla scoperta dei valori profondi che animano ciascuno di noi. È una raccolta fotografica che accende i sentimenti e con essi il racconto letterario di un animo poetico, ispirato dalle numerose immagini riprese da punti di vista insoliti.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

Marzo 2020 Ho un piccolo cortile triangolare. Un bel triangolo rettangolo, né troppo piccolo né... Marzo 2020 Ho un piccolo cortile triangolare. Un bel triangolo rettangolo, né troppo piccolo né troppo grande. A giorni alterni, in pausa pranzo, prendo la...

La lezione di quella mattina sarebbe rimasta impressa a lungo nella mia mente. ... La lezione di quella mattina sarebbe rimasta impressa a lungo nella mia mente. ...

Finora non ho mai superato i 3342 metri della Marmolada, quindi non ho mai... Finora non ho mai superato i 3342 metri della Marmolada, quindi non ho mai sperimentato la cosiddetta “fame d’aria". ...

Partiamo dall'alto dei 3081 metri della cima. Ci siamo io e C. Svariate montagne,... Partiamo dall'alto dei 3081 metri della cima. Ci siamo io e C. Svariate montagne, cime, corni, vette, becche attorno. C'è una roccia di quarzo che...

Luciano de Dominicis non si definirebbe mai un esploratore. Eppure nel 2016 ha partecipato a... Luciano de Dominicis non si definirebbe mai un esploratore. Eppure nel 2016 ha partecipato a un coraggioso progetto di mappatura del territorio. I sentieri percorsi da...

Il barone Roland von Eőtvős, fisico ungherese, è ricordato oggi per il suo lavoro... Il barone Roland von Eőtvős, fisico ungherese, è ricordato oggi per il suo lavoro sperimentale sulla gravità, ma fu anche un appassionato alpinista e...

Doveva radersi erano passati troppi giorni, il viso trasandato parlava della sua anima indifferente....... Doveva radersi erano passati troppi giorni, il viso trasandato parlava della sua anima indifferente.... ...

Per ovviare al peggio, decisi di fare una vacanza, circondata dalla natura e distante... Per ovviare al peggio, decisi di fare una vacanza, circondata dalla natura e distante dalla quotidianità. Scelsi l'Irlanda con la segreta speranza che il...

Liberi di sbagliare… ricordo assai bene, toccandomi le cicatrici in varie parti del corpo...... Liberi di sbagliare… ricordo assai bene, toccandomi le cicatrici in varie parti del corpo... ...

Non ci posso credere! I ragazzi si riprendono immediatamente ma l’umore è cambiato. Potrei piangere... Non ci posso credere! I ragazzi si riprendono immediatamente ma l’umore è cambiato. Potrei piangere o, forse, è solo una mia associazione perché sento delle...