«E’ molto bello vederti, sono passati anni ormai.»
«Si, quasi trenta.»
«Ti ricordi com’era questa zona una volta?»
«Certo. Qui venivamo io, te e gli altri di pomeriggio, con i cestini, quando eravamo bimbi per cercare i funghi e catturare le rane. C’era un laghetto dove ci bevevano gli animali proprio qui, vedi? Più in là, in quei boschi di pini, raccoglievamo le mazze di tamburo. Sono stati gli anni più belli ma chi lo sapeva? Tutto il patrimonio che avevamo intorno era scontato, era lo scenario delle nostre avventure da sempre, la tela sulla quale abbiamo dipinto ogni giorno d’estate. Quanto era importante quello che avevamo lo capiamo solo adesso quando è rimasto poco o niente.»
«Quindi sono stati qui i tuoi momenti più felici?»
«Credo di sì, per questo sono voluta tornare. Voglio starmene tra quel che resta di questi boschi di castagni e pini, vagare sui sentieri, passeggiare nei luoghi delle mie migliori memorie.»
«E tu che fine hai fatto? Non ci si vede da un secolo.»
«Io sono qui già da un bel po’ sai? Saranno passati una decina di anni. Sai che poi mi sono iscritto all’università?»
«Davvero? Non l’avrei mai detto, eri una testa di cazzo da ragazzino.»
«Ma no, ero solo inquieto e curioso. Studiare mi è piaciuto molto, son contento di averlo fatto. Mi ricordo di uno splendido corso tenuto da Telmo Pievani. Diceva che non esiste il problema della fine del mondo ma soltanto quello della fine dell’uomo. Poi diceva che se la storia del pianeta fosse una giornata di 24 ore, Homo Sapiens ne occuperebbe soltanto gli ultimi 15 secondi e che la terra è sopravvissuta a 5 estinzioni di massa di cui una nel Triassico che ha distrutto il 96% delle specie presenti sul pianeta. La terra è sopravvissuta ogni volta e la vita è continuata sempre, in qualche forma, nonostante tutto. E continuerà ancora con o senza umani.»
«Ah.»
«Ti rendi conto di quante cose abbiamo inventato? Con quanta tecnologia, meccanica, ingegneria, comunicazione abbiamo foraggiato il nostro ego? Ci siamo creduti onnipotenti, i padroni del pianeta. Abbiamo pensato di contar qualcosa, che esistesse un senso all’evoluzione e di rappresentarne il gradino più alto, l’essere perfetto, l’immagine di Dio. Ma niente di ciò che abbiamo creato è paragonabile alla vita, a quel sedimento abissale di tempo che ha preso forma nel corso di milioni di anni. Un percorso tortuoso fatto di un’infinità di interazioni, tentativi e casualità.»
«Taci un attimo e lasciami ascoltare il vento come facevamo una volta. E’ da molto che non mi capita. Lo senti mentre passa tra i castagni? E‘ la voce del vento o la voce dell’albero? Quando passa tra i pini fa un altro rumore, più acuto e meno grandioso. Sa di montagna e di vette innevate. E questo profumo di terra e foglie marce? Che meraviglia. Respira. Respira e taci. La vita è qui, in questo profumo di bosco.»