Una specie che, però, condivide ben poco coi gatti domestici, gatti che si danno alla macchia, più per obbligo che per scelta, e che riescono a sopravvivere, per qualche tempo e con molto fortuna, nei boschi più vicini ai centri abitati. Non vi è dubbio che il termine sarvægo (selvatico) gli si addice davvero bene, basti pensare che io ed il mio collega Nicola Rebora in cinque anni di ricerca nei boschi più profondi della Val Trebbia e della Val Borbera non lo abbiamo mai incontrato di persona, ma solo filmato con poche (ma ben posizionate) camere nascoste. Sembra incredibile che un altro animale selvatico come il lupo, invece, in questi anni di lavoro – lui, il lupo, fa parte delle nostre ossessioni da almeno dieci anni- lo abbiamo incrociato diverse volte.
Il gatto selvatico europeo è indomabile.
(Bernardino Ragni)
Il territorio prescelto
Il gatto selvatico europeo da queste parti è assai più schivo e assai meno prevedibile dell’astuta volpe: lo abbiamo filmato sempre e solo con camere nascoste tra gli alberi e le rocce che si attivano attraverso sensori catturando immagini senza creare troppo disturbo agli animali selvatici. Dal 2018 ad oggi abbiamo realizzato preziosi, quanto brevi, video del gattaccio (così lo chiamava affettuosamente Dino Ragni, il pioniere dello studio delle specie in Italia scomparso prima che potessi mostrargli il nostro lavoro), immagini che sono a tutti gli effetti le prime testimonianze audiovisive di questa fascinosa ed elusiva specie sui nostri monti.
In alcune zone della Spagna, della Slovenia e della vicina Svizzera, il gatto dei boschi non è così elusivo: a volte lo si può avvistare, anche in pieno giorno, a caccia di roditori nelle praterie vicino alle strade asfaltate. Nella nostra penisola questo felino dalla pelliccia grigia come le rocce e le cortecce tra le quali sa scomparire dà filo da torcere a studiosi, bracconieri e, ahinoi, fotografi. Quest’ultimi lo immortalano assai raramente con le loro reflex e spesso in modo del tutto fortuito. Raccontano: “aspettavo il lupo ed è spuntato il gatto selvatico”.
Filmare non è fotografare
Da buoni documentaristi amanti soprattutto della fotografia, dopo tanti video del felino, a me e Nicola non restava che provare a regalarci una foto di gatto selvatico in libertà tra le montagne di casa nostra. Perché una foto emotivamente, e forse anche culturalmente, per noi due, vale cento video. La sfida è temeraria perché con la tecnica della foto-trappola, a differenza dei video, il soggetto deve fermarsi esattamente in quei pochi centimetri quadrati della zona di messa a fuoco. Se il felino si muove cinquanta centimetri più a destra o più a sinistra, la foto potrebbe risultare fuori fuoco vanificando tutti i mesi precedenti di lavoro nel bosco.
Bravi e sopratutto è una notizia rincuorante
Complimenti per il lavoro svolto. Confesso che ignoravo l’esistenza del gatto selvatico.
Che fosse forse quello strano gattone mai visto prima, dal pelo lungo grigio argento e la coda lunga e tozza, da me incontrato alcune notti fa in un area urbanizzata a Sondrio?