Intervista

La mia Silk Road Mountain Race #2

Quattro anni fa Luca Petrinka scopre il bikepacking ed è amore a prima vista. Lo scorso agosto ha pedalato in Kyrgyzstan per 1700 km nella gara di bikepacking più dura al mondo. E' arrivato 8°, primo degli italiani, in 9 giorni, 14 ore e 10 minuti.

testo di Teddy Soppelsa, foto di Nadia Moro

30/09/2019
6 min
La Silk Road Mountain Race è una durissima gara di bikepacking senza supporto esterno, forse la più dura al mondo, che si svolge nelle remote valli del Kyrgyzstan. In questa gara l’orologio non si ferma mai e non ci sono premi. Si può partecipare da soli o in coppia e arrivare alla fine è già un successo.

La seconda edizione si è conclusa lo scorso 31 agosto; al traguardo, a Cholpon Ata sulla spiaggia a nord del lago Issyk-Kul, sono arrivati in 70 su 147 iscritti, provenienti da 27 nazioni. Luca Petrinka, primo italiano al traguardo, ha completato il percorso di 1700 km e 27.000 metri di dislivello, all’8° posto (9 giorni, 14 ore e 10 minuti) e dietro a lui, l’altro italiano è Eric Scaggiante al 19° posto (11 giorni, 5 ore e 49 minuti). Di Eric abbiamo già raccontato la sua avventura (leggi qui la sua intervista La mia Silk Road Mountain Race ).

Ora, in una sorta di intervista doppia, le domande poste ad Eric le abbiamo girate anche a Luca, in questo modo ne viene fuori una lettura di come ognuno di loro si è preparato e ha condotto la gara: la giovane energia di Eric a confronto con la matura esperienza di Luca. Per entrambi partecipare alla Silk Road ha significato prima di tutto mettersi alla prova e cercare di superare i propri limiti, prima mentali e poi fisici, ognuno con le proprie capacità, la propria voglia di divertirsi per vivere una grande avventura.

Il manto delle strade del Kyrgyzstan

∼  Luca, intanto complimenti per questo tuo bellissimo risultato. Ci racconti qualcosa di te e della tua storia ciclistica?
La mia storia ciclistica non è lunga ma è intensa. Inizia con un colpo di fulmine: l’edizione 2016 del TuscanyTrail. Scoprire il bikepacking mi ha permesso di combinare sport, viaggio e avventura in un’unica esperienza. Da allora non ho più smesso e il ciclismo è diventato importante nella mia vita. Ho abbandonato la fotografia per cominciare a lavorare in un negozio di biciclette, in parallelo ho iniziato ad organizzare il CarsoTrail, evento bikepacking unsupported alla quarta edizione tra i più partecipati in Italia con oltre trecento presenze.

∼ Questa è la tua prima volta alla Silk Road Mountain Race che ha la fama di essere la gara di bikepacking più difficile al mondo. Cosa ti ha portato a partecipare?
Le dimensioni e la fama della sfida, per come l’ho percepita dai racconti dei partecipanti, hanno solleticato la mia ambizione. La forza delle immagini ha fatto il resto. Regioni remote, natura selvaggia e alta montagna mi hanno convinto che potesse essere ciò che stavo cercando: il modo più appropriato, in questo momento, per mettermi alla prova, per ritrovarmi in un profondo confronto con me stesso.

∼ Qual’è stato l’aspetto più difficile con cui hai dovuto confrontarti durante la corsa?
Sono rimasto sorpreso dalla durezza del percorso, dall’implacabile fondo sconnesso che ci ha puniti lungo tutta la gara. Ero pronto ad affrontare i lunghi passi per salire in quota, ero pronto ad affrontare discese impervie per ritornare a valle (poche nel complesso) ma non immaginavo di poter trovare un fondo che ho ribattezzato “gravenduro”: un ondulato continuo che mi ha scassato le mani, le braccia e il cervello per chilometri interminabili. La notte, per due volte, mi sono svegliato nel mezzo di un incubo a scossoni!

∼ Cosa pensavi di poter fare o di fare meglio e invece non sei riuscito a fare?
Pensavo di poter gestire meglio il recupero durante le lunghe transizioni, salite o discese con scarsa pendenza, dove credevo di poter rifiatare. Il fondo invece è risultato talmente sconnesso da non permettere alcun recupero. Anzi questi tratti sono risultati i più duri in assoluto. Sfibranti. Ho constatato un imprevisto abbassamento della media oraria sulla percorrenza.

Luca Petrinka

∼ Che aspettative avevi e la tua strategia di gara qual’era?
Volevo concludere nei primi dieci. Ho pianificato attentamente la gara, ho studiato le altimetrie e gli eventuali punti di appoggio. Ho programmato almeno 4 ore di sonno ogni 20 ore di pedalato e ho cercato per quanto possibile di attenermi al piano. I recuperi, forse a causa dell’eccessivo carico o alla lunga permanenza in quota senza un corretto acclimatamento, sono diventati un po’ più lunghi del previsto e mi hanno portato ad allungare di un giorno rispetto agli otto preventivati.

∼ Ci sono stati momenti difficili?
Sono capitati ovviamente momenti di sconforto che posso catalogare di tre tipi: 1° “tecnico”, con il taglio sulla spalla del copertone posteriore dopo appena 380 km (per altro unica foratura); 2° “fisico”, con una dissenteria che mi sono beccato al terzo giorno e infine 3° “morale”, con la grande gioia del giro di boa, per realizzare che all’arrivo mancano ancora 855 km! Ad ogni modo è sempre prevalsa la determinazione e se necessario mi ripetevo che avrei concluso la gara a piedi!

∼ Quali sono state le parti del percorso in cui ti sei trovato a tuo agio?
Mi sono piaciuti molto i tratti di montagna, strade e panorami incredibili vissuti a pieno e con soddisfazione. Sicuramente all’altezza delle aspettative e anche oltre. Più di una volta, forse anche a causa della grande fatica, mi sono ritrovato sopraffatto dalle emozioni di fronte alla vastità del panorama che si presentava dopo ogni scollinamento.

∼ Raccontaci qualcosa dei tuoi compagni di gara con i quali sei stato più a contatto?
Ero a ritmo con due ragazzi belgi, ci siamo incrociati qualche volta nella fase centrale della gara. Abbiamo sempre avuto una buona intesa e un grande rispetto. Poche parole e sempre a distanza. A me piace molto viaggiare da solo. Ho percepito lo stesso da parte loro. Abbiamo approfondito la conoscenza una volta all’arrivo trascorrendo delle piacevoli giornate mangiando tutto quello che capitava a tiro. Anche se la Silk Road è una gara, anche per chi aspira alle posizioni di classifica, è molto difficile percepire l’agonismo e prevale disponibilità e spirito di collaborazione.

∼ Lungo la strada che incontri hai fatto?
Ho riscontrato sempre grande disponibilità e grande curiosità da parte della gente locale. Incalzato dal ritmo della gara non mi sono soffermato quanto necessario ad approfondire la conoscenza di usi e costumi. Rimane il rimpianto, ma anche la promessa, di ritornare in questa terra meravigliosa per cercare di capire qualcosa di più e magari a scattare qualche immagine degna del mio passato di fotografo. Mi è capitato un incontro che ha destato in me qualche preoccupazione. Mi sono fermato nel paese di Shamsi a cercare del cibo prima di affrontare l’omonimo passo che sfiora i 4000 metri. Una volta spiegato il percorso che mi accingevo ad affrontare alla simpatica signora che gestisce lo spaccio del villaggio, in un misto di inglese e russo mi ha rivolto la seguente domanda: “Do you have a pistolet?” mimando con la mano una pistola. Ho chiesto il perché di tale domanda e la risposta è stata che mi sarebbe servita per difendermi dai lupi. Ottimo incoraggiamento per affrontare il passo da solo in piena notte. Ho fatto finta di non aver mai udito le sue parole e sono ripartito.

∼ Nelle tante ore che ti sei trovato da solo quali erano i tuoi pensieri?
I pensieri non corrono tanto lontano, è un esercizio sano ed importante quello di rimanere concentrati sul presente, sull’essenziale. Penso a gestire la giornata, i bisogni primari: la fame, la sete, il sonno. Penso e gioco alla sopravvivenza: scruto l’orizzonte, cerco indizi nel meteo che cambia, ragiono su dove conviene fermarsi a dormire. Penso al mio corpo e ascolto lealmente i segnali che manda, alle volte sembra invincibile alle volte invece chiede di calare l’andatura.

∼ Qual’era il tuo equipaggiamento per la notte e per alimentarti e dissetarti.
L’equipaggiamento era così composto: per la notte: materassino Thermarest NeoAir Xlite, sacco piuma Cumulus Xlite 200 e il sacco da bivacco Helium Bivy di Outdoorresearch. Attrezzatura impeccabile, ho dormito benissimo anche la prima notte a -7°. Per l’alimentazione: un filtro MSR per l’acqua (usato spesso per bere direttamente dai corsi d’acqua) e pastiglie al cloro per potabilizzare, ma ne ho utilizzate solo 3 pezzi. Per il cibo: bustine di cibo liofilizzato di Extremefood e Expeditionfood pari a circa 36.000 calorie totali, dolce e salato. Poi cibo locale lungo il percorso: pane, biscotti, cioccolato, snacks, bibite, molto più facile da reperire rispetto a quanto dichiarato sul road book, col senno di poi avrei portato molti meno chili di cibo dalla partenza.

∼ Parlaci della tua bici e come hai distribuito l’equipaggiamento?
Ho pedalato una Trek Procaliber 9.8, mountain bike front in carbonio con ruote da 29”. Scelta che non ho mai messo in discussione. Io alla Silk non ci andrei mai con una gravel! Sacca stagna fontale di VapCycling con Butterfly Guns e Butterfly Wings, sistema davvero impeccabile, contenete l’attrezzatura per la notte più il piumino. Quindi un grazie di cuore a Renzo Fornaro, amico, esperto cicloviaggiatore, nonchè creatore e titolare di VapCycling. All’interno del triangolo del telaio una Frame Bag impermeabile (custom) di Kicking Donkey con borracce morbide, documenti, kit pioggia e kit riparazione. Saddle bag, la borsa sotto sella di Miss Grape con ricambi abbigliamento e cibo. E sulle spalle uno zainetto con cibo ed elettronica.

∼ Cosa non ti sei portato e invece avresti voluto avere? E c’è qualcosa che non ti è servito?
Non mi è mancato nulla, anzi, ho portato troppo cibo, infatti, come ho detto, era abbastanza facile reperirlo lungo il percorso. Ho portato qualche capo di abbigliamento di troppo. Diciamo che qualche mattina al risveglio ho rimpianto di non aver portato il fornello per scaldare un po’ d’acqua per un the. Ma è stata una scelta consapevole. Non si è mai troppo leggeri!

∼ Cosa usi per ricaricare i tuoi dispositivi elettronici? Gps, telefono, fari…
Il mio GPS Garmin Etrex è alimentato a batterie stilo (3 x 2 Energizer Lithyum per tutto il percorso). Una powerbank da 10.000ma per il telefono, una powerbank 30.000 ma per circa 20 ore di luce con il faro a 3 led anteriore (1000 lumen max), una lampada frontale Petzl Myo da 370 lumen alimentata con pile a stilo (9 totali).

∼ Per la manutenzione della bici cosa ti sei portato?
Panno microfibra, spazzolino da denti (ho perfino tagliato il manico perché pesasse meno), olio catena (tanto), multitool Lezyne, 2 camere d’aria, 10 toppe, 2 tubetti mastice. Al benzinaio mi sono fermato due volte per una bella sgrassata alla catena, al pacco pignoni e guarnitura¹ con bombola di lubrificante idrorepellente WD40.
¹ La guarnitura in una bici sportiva è il complesso formato dalle pedivelle e dalle corone anteriori, montate sul movimento centrale del telaio.

∼ Come ti sei preparato per arrivare a questa gara?
Con l’aiuto di un preparatore atletico, Mario Ciac, abbiamo lavorato al meglio sulla condizione fisica e il lavoro svolto è stato fonte di grande soddisfazione. L’approccio scientifico ha fatto la differenza, puntando a ridurre il margine di errore si riesce ad aumentare la qualità e non la quantità degli allenamenti. Il fine ultimo, ancora prima del risultato, è stato quello di evitare problemi fisici durante la gara e le inevitabili pesanti ripercussioni una volta finita questa. Abbiamo svolto un programma di circa 8 mesi lavorando sui seguenti aspetti: mobilità articolare, potenziamento muscolare funzionale, cardio, funzionalità e resistenza respiratoria. In parallelo ovviamente anche tutta la parte relativa alla bici con lavori sull’incremento dell’FTP e gli inevitabili “lunghi” nel weekend. In questo modo non ho avuto il minimo problema ne durante ne dopo la gara.

∼ L’americana Lael Wilcox è arrivata seconda, con una prestazione sportiva eccezionale, ti sei fatto una idea di che tipo è?
Davvero un’atleta formidabile. La combinazione perfetta di forma fisica e forza mentale.

∼ Durante la corsa eri da solo, ma immagino che tante sono le persone che ti sono state vicino nel preparare la corsa. C’è qualcuno che vorresti ringraziare più di altri?
Primo tra tutti Mario Ciac, il preparatore atletico, è l’unico a sapere quanto abbia lavorato sodo al fine di affrontare al meglio questa avventura. Poi vengono tutti i colleghi di Mathitech, il negozio di bici in cui lavoro, per la disponibilità e il sostegno sia psicologico che tecnico. Un grandissimo ringraziamento al mitico Rocco Filidoro, presidente di Bikesoul, l’associazione sportiva con cui corro in queste gare e poi ai compagni della NoBorderAdventures con cui organizzo CarsoTrail e condivido la passione per la bici e per l’avventura.

∼ Cosa farai ora, dopo questa esperienza?
Intanto finisco di metabolizzarla, ho imparato tanto osservando da vicino alcuni “pro” del settore. Per la prossima stagione prevedo di fare qualche altra gara, ma meno impegnativa, e piuttosto vorrei concentrarmi sulla preparazione di un grande viaggio. Sono sincero non ho ancora le idee chiare ma mi piacerebbe pedalare nel sud-est asiatico. 

∼ E cosa ti ha insegnato questa gara?
Ho capito che studiare e prepararsi per una gara del genere non è mai abbastanza. Partendo dal presupposto che sono indispensabili un’ottima capacità di adattamento e una buona attitudine all’improvvisazione, ritengo sia fondamentale perfezionare i preparativi per cercare di ridurre al minimo i possibili imprevisti. Gli aspetti tecnici devono essere una certezza, un punto di forza sul quale poter contare, non possono esserci dubbi su bici e attrezzatura. Tutto ciò lo possiamo gestire a casa. Riuscire invece ad anticipare la partenza e avere qualche giorno pre-gara per acclimatarsi e prendere confidenza con l’ambiente non sarebbe stato male. Purtroppo le ferie sono quelle che sono.

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Luca è riconoscente a quanti lo hanno supportato fornendogli materiali e prodotti, senza di loro tutto sarebbe stato più complicato, grazie a: Mathitech BikesVapCyclingASD BikeSoul.
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www.silkroadmountainrace.cc

Teddy Soppelsa

Teddy Soppelsa

Vive a Cesio Maggiore nelle Dolomiti Bellunesi. Ha fondato la rivista altitudini.it e ideato il Blogger Contest, scrive di montagna, alpinismo e ambiente. Ha ideato diversi progetti culturali capaci di unire le emozioni della scoperta alla conoscenza dei luoghi. Ama camminare nei luoghi più selvaggi delle sue valli, fuori traccia, in ogni stagione, meglio se in compagnia.


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