#1 – Ponna Inferiore, Valle d’Intelvi (CO)
Non la faremo più la Festa.
Fa caldissimo e fanculo i terrapiattisti (che certo non credono al riscaldamento globale). Seicento metri, se guardi ad ovest il Lago di Como, se a nord il Lago di Lugano ma la cosa non aiuta a rendere più fresca l’ombra di sbiaditi ombrelloni Eldorado. Alla festa del paese si servono piatti generosi di polenta e brasato (polenta vúncia per i vegetariani. I vegani lì combatte Mazinga). C’è parecchia gente, il paese per quanto piccolo (e disabitato) si divide in Superiore, di Mezzo (come quelli del Signore degli Anelli) e Inferiore. Dove siamo oggi. Vociare in dialetto, in protoitaliano e svizzero (che mica è una lingua in effetti), si beve un torrente di birra e, in proporzione, un fiume di vino rosso. Solo la prima è fredda, il secondo è a temperatura ambiente: brûlé.
Tra i tavoli servono veloci, gentili ed efficienti un mio carissimo amico milanese, sua moglie, nata tra quei vicoli di pietra, tre dei suoi quattro figli (il quarto è ad allenarsi in bici a Corvara, che almeno suda al fresco), in cucina sua suocera e suo suocero, giovanissimi nonostante i loro ottant’anni. Seduti la gente del posto, canottiere sudate, mani grosse e tutti a dar dietro alla sbruffoncella. In piedi, bolliti nonostante il brasato lui, il Vittorio, la sua bella famiglia ed una omeopatica percentuale di aiutanti indigeni.
La frazione è ben tenuta. In tanti hanno emigrato in Svizzera, nel Milanese ed anche più lontano ma tornano ogni estate. E si portano mogli, mariti, figli, nipoti, badanti. La casa di Vittorio è stata ristrutturata con attenzione e rispetto, non grande ma accogliente e, ora che si è fatta sera, anche fresca.
La stanza più bella è la falegnameria dove con i suoi figli dà vita a legni e oggetti che altrimenti non lo sarebbero.
Beviamo un bianco perfetto, qualche ciliegia e una manciata di lamponi sono la nostra cena.
È stanco, sono stanchi. Sua moglie, in acciaio inox, lo è più di tutti. «Non la faremo più la Festa. Nessuno ci ha dato una mano, nemmeno a raccogliere e chiudere i tavoli alla fine. Sono solo pronti a criticare se la porzione non è mostruosa. Non la faremo più la Festa». E la dodicesima estate che lo dice.